giovedì 10 novembre 2011

Stato sociale: paura per il futuro

Si agitano festanti nell’uggiosa notte della resa berlusconiana, dando la stura a frustrazioni represse e idiozie congenite. Cantavano di un sol dell’avvenire e si ritrovano al massimo con un Sole 24 ore in tasca e qualche sonora pernacchia in sottofondo, a scandirne l’incedere da vecchie pantegane della partitocrazia. Vorrebbero presentarsi come alternativi, ma di alternativo hanno solo il senso del pudore, così infimo da non indurli neanche a ritirarsi a vita privata. Giuseppe Mazzini, uno che citano spesso a sproposito, direbbe di loro: “Gridano avvenire dal seno delle rovine. Prigionieri la cui catena fu moderatamente allungata, si millantano liberi ed emancipati, perché gli è dato di movere intorno alla colonna che li tiene avvinti”.
Sinistrati e sinistri, si vantano di poter applicare meglio e più velocemente del Berlusca i diktat di Trichet e di Draghi, spianando a colpi di funeste liberalizzazioni i pochi anfratti ancora statali del Palazzo Italia. Cincischiano e farfugliano con inflessione dialettale emiliana e pugliese, o blaterano alla molisana. E, purtroppo, ho l’impressione che non sia finita qui.
Hanno legato il paese all’euro come un cane ad un albero con un filo di ferro, condannato a morte Eni, Enel e Finmeccanica, precarizzato il lavoro e ipotecato le pensioni. Sono il sequel peggiorato di un film horror già visto. Riproporranno la solita ricetta a base di tagli alla spesa, cianciando di correzione dei conti pubblici, di pareggio del bilancio e abbattimento del rapporto tra debito pubblico e Pil.
Non bisogna essere provetti economisti per capire che meno spesa pubblica significa impoverimento del Paese, riduzione della domanda interna e contrazione dei livelli di attività delle imprese. Nel tentativo, fasullo, di ridurre il debito, si continuerà insomma ad abbattere anche il Pil, restando fermi al palo.
Il tutto mentre un paese in cui il 10% della popolazione detiene il 60% di tutta la ricchezza rantola e annaspa.
“Che fare?”, direbbe qualcuno.
Abbiamo soltanto pistole ad acqua, ma unendole possiamo annebbiare la visuale di chi guida i blindati dell’usura e mandarlo fuori strada. Tante voci, una sola parola: Jatevenne! Tutti, a partire da colui che per provenienza geografica, meglio comprenderà il significato di questo invito.

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