domenica 24 aprile 2011

Il "passaggio": vero senso della Pasqua

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”. Poche ore prima di essere arrestato, processato e condannato, Gesù rivolge queste parole, così come ci sono state tramandate dall’evangelista Giovanni, ai suoi discepoli. Gesù già conosceva il drammatico destino che lo attendeva e per questo voleva da loro accomiatarsi lasciandogli l’ultimo insegnamento.
Il senso della Pasqua sta, fin dalla sua origine ebraica, nel “passaggio”: dall’Egitto alla Terra Promessa con Mosè, dalla morte alla resurrezione con Gesù. Un passaggio doloroso da percorrere fino in fondo per raggiungere la grande meta finale. Anche il suo nome ce lo ricorda: deriva dall'ebraico "pesach" che significa appunto "passaggio".
Sono passati più di duemila anni da quando Gesù morì in croce e risorse dal sepolcro poco fuori Gerusalemme, ma il messaggio è sempre attuale. La vita è di per sé un passaggio difficoltoso, a volte doloroso, a cui non dobbiamo mai rinunciare. Il mondo moderno ci ha portato a rinunciare al dolore, ad allontanarlo ad ogni costo dalla nostra esistenza: una volontà assolutamente ipocrita. Il dolore c’è, ogni giorno, in ogni angolo del mondo e la sfida è nel dargli un senso, nel far sì che sia funzionale alla crescita di ognuno. Questo è il messaggio che passa sottotono forse soprattutto fra i più giovani: accettare la sconfitta ma da lì ripartire verso una vittoria, lo stesso pensiero che ritroviamo nella sportività classica.
Nell’epoca della crisi finanziaria e dei valori il “comandamento nuovo” che Gesù lascia agli apostoli durante l’Ultima Cena ha un valore ancor più grande perché in momenti di grande difficoltà l’uomo rischia di “cannibalizzarsi”. Quello che dobbiamo fare per uscire da questo vortice buio, invece, è dimostrare amore per il prossimo.
«Ciò che non mi uccide mi rende più forte». Lo disse il filosofo Nietzsche, autore, fra l’altro, di un libro intitolato L’anticristo. Ma anche da questa massima possiamo cogliere il messaggio pasquale: superare le difficoltà, seppur grandi ed apparentemente insormontabili e correre con speranza verso l’orizzonte di luce.
Auguro a tutti voi una Santa Pasqua.



Il Presidente
Gianni Massai

venerdì 22 aprile 2011

Articolo Corriere di Siena del 17/04/2011 sul ciclo di conferenze "L'Uomo al Centro"

L’uomo al centro della medicina e della cura

Ciclo di conferenze grazie alla collaborazione fra Circolo culturale Triskelys e la locale Misericordia.
SINALUNGA 17.04.2011

Si è tenuto a Sinalunga, grazie alla collaborazione fra Circolo culturale Triskelys (http://triskelys.blogspot.com) e la locale Misericordia, un ciclo di conferenze che, per la prima volta, hanno contribuito a gettare un occhio laddove spesso la società moderna crea i nuovi spazi di esclusione. Titolo di questo evento “L’Uomo al centro”, distribuito su tre sabati presso i locali della Misericordia. Questo spazio ha rappresentato per la comunità sinalunghese, ma anche per le numerose persone provenienti da tutta la provincia di Siena - circa un centinaio le presenze - , un momento unico per riflettere sul modo con cui, al di là del semplice discorso teorico, riposizionare l’Uomo al centro della Medicina e della Cura. La dignità che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo, indipendentemente da ciò che ha fatto o ciò che in futuro riuscirà a fare, è il punto di riferimento da cui si è sviluppato il ragionamento, che ha attraversato anche dei momenti di informazione medica sulle patologie che interessano più da vicino numerose famiglie della società civile. A questo scopo sono intervenuti alcuni specialisti provenienti dal Policlinico Santa Maria alle Scotte, come il dottor Franco Trabalzini, direttore Uoc chirurgia otologica e della base cranica ed il dottor Antonio Acquaviva, onco-ematologo presso la Clinica pediatrica e attualmente in pensione; dall’ospedale di Grosseto, come il dottore Enrico Tucci, direttore del dipartimento oncologico e liberi professionisti ed il dottore Paolo Bacconi, specialista in vulnologia. Importanti i loro contributi, in cui è stato veicolato il messaggio che la sordità e le menomazioni dell’udito possono oggi essere completamente sconfitti; che, in età pediatrica, i linfomi, le leucemie e più in generale i tumori del sangue sono malattie contrastabili, mentre in età avanzata è possibile la convivenza senza che risultino essere la causa della cessazione della vita. I volontari, per lo più sconosciuti, spesso organizzati in associazioni, rappresentano una struttura fondamentale nel campo della solidarietà e del soccorso, appaiono fuori della società, proprio per la loro capacità di essere estranee a quel modello di vita materiale che l’uomo del terzo millennio ha saputo crearsi. Sono state ribadite le parole di don Giussani secondo cui “Il desiderio è come la scintilla con cui si accende il motore. Tutte le mosse umane nascono da questo fenomeno”. Possiamo quindi sicuramente affermare che il tema di queste giornate è stato soprattutto la solidarietà verso le persone più socialmente deboli. La famiglia, il personale sanitario, gli amici, ma tutta la società civile è direttamente o indirettamente coinvolta quando uno stato di debolezza e sofferenza più o meno acuto colloca la persona malata nelle mani degli operatori sanitari. La malattia, infatti, non è da qualche parte nell’uomo, ma è tutto l’uomo ed è in tutto ciò che è l’uomo, al quale si deve giusta dignità e rispetto in quanto tale. In questa cornice si inseriscono le parole di Gianni Massai, presidente del Circolo culturale Triskelys: “Voglio qui ribadire che uno degli impegni del Circolo che rappresento è quello di difendere la vita, dal concepimento fino alla morte, passando per i momenti di sofferenza e per i percorsi più dolorosi del corpo e dell’anima. Sono sicuro quindi che questo nostro evento abbia agevolato la conoscenza dello stato di alcune patologie e abbia contribuito a creare nelle nostre coscienze una tensione emotiva che ci spingerà alla creazione di una comunità in cui la promozione di una cultura fondata sulla solidarietà sia un elemento imprescindibile a cui non si può assolutamente rinunciare. Voglio ringraziare il Governatore della Misericordia di Sinalunga Pier Luigi Bacconi, che, collaborando e offrendoci i locali, ha reso possibile il nuovo ciclo virtuoso di idee in movimento di cui Triskelys si fa interprete”

Carlo Guidarelli

giovedì 14 aprile 2011

Grazie di cuore

Voglio ringraziare tutte le persone che hanno partecipato all'evento "L'Uomo al Centro", rendendolo un momento unico di confronto e di scambio su temi importanti che hanno un riflesso nella società in cui tutti viviamo.

Sono certo che da questa prima avventura del Circolo Culturale Triskelys siamo tutti usciti un po' più ricchi e più consapevoli delle responsabilità che portiamo addosso per il solo motivo di essere, donne o uomini, appartenenti alla medesima specie umana.

Importanti sono stati i contributi dei dottori, tutti noti a livello nazionale, che in queste tre settimane hanno accompagnato il nostro cammino e a cui mi sento di dover quantomeno rivolgere un grazie. Mi auguro di poter nuovamente collaborare presto con il dott. Trabalzini, il dott. Acquaviva, il dott. Tucci e il dott. Bacconi, che ci hanno anche, ma non solo, fornito notizie mediche su temi che toccano il vivere quotidiano di molti di noi.

Voglio qui ribadire che uno degli impegni deil Circolo Culturale Triskelys è quello di difendere la vita, dal concepimento fino alla morte, passando per i momenti di sofferenza e per i percorsi più dolorosi del corpo e dell'anima.Sono sicuro quindi che questo nostro evento abbia agevolato la conoscenza dello stato di alcune patologie e abbia contribuito a creare nelle nostre coscienze una tensione emotiva che ci spingerà alla creazione di una comunità in cui la promozione di una cultura fondata sulla solidarietà sia un elemento imprescindibile a cui non si può assolutamente rinunciare.
Invito quindi chi non ha partecipato, ma anche chi è stato presente, a leggere le nostre riflessioni e a sviluppare una propria idea su questi argomenti, lasciando, se vuole, un suo contributo sotto forma di commento. Ogni vostro contributo scritto sarà apprezzato e contribuirà a far crescere i legami di tipo comunitario fra noi tutti.

Un abbraccio.


Il Presidente
Gianni Massai

domenica 10 aprile 2011

2011 anno del volontariato: le ragioni ideali – Intervento del 09/04/2011 di Gianni Massai, presidente del Circolo Culturale Triskelys, nel ciclo di conferenze "L'uomo al Centro"


Le scienze sociali hanno per lungo tempo portato avanti l’idea che tutto il vasto mondo organizzato intorno al volontariato, fatto di relazioni basate sul dono e sulla solidarietà e collocato al di fuori dei confini dello Stato e del mercato, diventasse ad un certo punto marginale a causa dell’espansione dell’azione pubblica. Invece assistiamo alla sua continua espansione anche nelle società economicamente più avanzate.
Alcuni possono anche pensare che si tratti di un fenomeno di recente formazione, nato con qualche legge o “importato” da oltre oceano, ma in realtà, soprattutto in ltalia, il fenomeno ha origini molto antiche in tutte le culture, sia nella cattolica, che nella socialista, che in quella liberale.
Il mondo cristiano, fin dalla tarda antichità, dà vita a un sistema assistenziale basato su una risposta al bisogno gratuita e al tempo stesso di natura associativa, che traduce una pratica diffusa all’interno delle comunità e che dalla caritas evangelica fa derivare per la prima volta uno ius hospitalitatis.
Fin dall’ultimo periodo imperiale e poi nel primo Medioevo, si realizza un “sistema di carità” come sintesi di istituzioni in larga misura libere e autogestite, sostenute dalla decisione personale e volontaria di chi sceglie di dedicarsi al servizio ospedaliero o di far parte di un’associazione elemosiniera. Vengono fondate numerose strutture permanenti di accoglienza, con il nome di xenodochia e quindi sempre più spesso di hospitalia, in genere lungo le reti viarie e nei pressi di monasteri, residenze episcopali, sedi plebane, in un contesto nel quale i centri urbani rivestono minore importanza. Per quanto non manchi l’aspetto della cura, in esse si pratica un ricovero largamente indifferenziato, rivolto anche ad anziani poveri, invalidi, malati cronici.
Da questo possiamo capire quanto antica possa essere l’origine del volontariato e quindi è anche importante stabilire quanto profonda sia la sua natura. La massima priorità dell’azione del volontario è sicuramente riferibile alla diffusione della cultura della solidarietà e fondamentale è anche rimarcare i contenuti che caratterizzano l’azione volontaria, come ad esempio la relazione tra persone, l’azione educativo-culturale sui doveri sociali e la formazione.
Il volontariato ha dunque un valore in sé che viene affermato con forza, un sistema di dono e di relazione basata su solidarietà corte e legami di tipo comunitario, non è un’attività relativa alla vita civile, a lato di quella personale, ma è innanzitutto una dimensione interna alla natura dell’uomo. Da quanto osserviamo tutti i giorni nelle nostre realtà, possiamo dedurre che ciò che ci fa interessare degli altri è proprio un’esigenza costitutiva della nostra natura: quando vediamo un bisogno ci sentiamo spinti a rispondere perché corrisponde alla nostra natura piuttosto che per il fatto che qualcuno o qualcosa ci obblighi a farlo.
Il cuore di un’azione volontaria, gratuita è nella natura dell’io e nasce dalla coscienza di un io ferito, perché capisce che non si basta da sé e che, come lui, nessuno può bastarsi da sé, ma ha bisogno di un altro. E’ paradossale, ma dalla coscienza di essere “feriti” nasce qualcosa di sorprendente.
Voglio proporre l’esperienza di un mio amico implicato in attività di volontariato, a proposito dei ragazzi che assiste:

Al centro è l’altro come imprevisto, l’altro che è sempre l’imprevisto più bello che ti possa capitare e non un accidente: è l’indispensabile risorsa da aggiungere. Altrimenti gioco a difendermi e tutto si risolve in una ideologia. Penso che fin dall’incontro con i primissimi ragazzi io abbia contratto il sentimento di una vera gratitudine per la ricchezza di esperienza che mi era dato di sperimentare con loro e con le loro storie. Che ricchezza! Che profondità di vita! Anche nell’errore c’era sempre una speranza di bene. Che groviglio di situazioni e che miseria talvolta, ma allo stesso tempo che grandezza! Dietro una scorza di cattiveria appariva timida una dolcezza infinita”.

Il mio amico non nasconde nemmeno la sua piccolezza e fragilità:

 Desideravo si accorgessero che anch’io sono una persona ferita. Magari non in maniera lancinante e profondamente come loro, ma anch’io sono un uomo colpito. Anch’io sono intriso dello stesso bisogno di vita. Positività e fiducia a partire dalla coscienza dell’errore, dobbiamo essere umili e consapevoli dei nostri limiti. La grande verità, che si comprende solo dopo tanti anni di convivenza sincera con questi ragazzi e con queste problematiche, è che tutti siamo persone ferite. Forse il complimento più apprezzato, perché più vero e definitivo, che ricevo dai ragazzi è: tu sei uno di noi”.
 
Affrontando il fenomeno da un altro punto di vista scopriamo che la presenza del volontariato nella nostra società smentisce la teoria della filosofia, propria di Hobbes, secondo cui l’azione sociale si basa sulla sfiducia e il sospetto, cioè su una concezione di uomo negativa che ne mortifica le potenzialità e il positivo contributo che il singolo uomo può dare al bene comune, al progresso e alla lotta per la giustizia. In questa concezione la società non è una dimensione originale, cioè non è legata a quelle esigenze ed evidenze, ma è il frutto di un contratto sociale che deve limitare l’egoismo dell’uomo, in diretta opposizione con la teoria aristotelica e di S. Tommaso d’Aquino secondo cui l’uomo è un animale politico, cioè sociale e il bene dell’individuo coincide con il bene della collettività e non ci può essere opposizione. L’idea stessa di volontariato porta a galla piuttosto l’idea di uomo relazionale, come sottolineato nell’Enciclica Deus caritas est (N. 54) e, in particolare, della originalità e universalità della struttura desiderante dell’uomo, o, come la definisce Don Luigi Giussani ne Il senso religioso, della “struttura esigenziale dell’uomo”.
Secondo quanto scrive Don Luigi Giussani nel suo libro L’io, il potere, le opere il concetto di desiderio, inteso come cuore dell’esperienza elementare dell’uomo è il motore di un’azione sociale sussidiaria:

Il desiderio è come la scintilla con cui si accende il motore. Tutte le mosse umane nascono da questo fenomeno, da questo dinamismo costitutivo dell’uomo. Il desiderio accende il motore dell’uomo. E allora si mette a cercare il pane e l’acqua, si mette a cercare il lavoro, a cercare la donna, si mette a cercare una poltrona più comoda e un alloggio più decente, si interessa a come mai taluni hanno e altri non hanno, si interessa a come mai certi sono trattati in un modo e lui no, proprio in forza dell’ingrandirsi, del dilatarsi, del maturarsi di questi stimoli che ha dentro e che la Bibbia chiama globalmente cuore”.

Nell’enciclica Deus caritas est di Papa Benedetto XVI si legge:

La carità sarà sempre necessaria, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo”.

Singolare è la concordanza di questa impostazione con quanto si legge in un testo classico dell’economia contemporanea, L’economia del benessere del Premio Nobel Kenneth J. Arrow. Arrow cerca di delineare le regole razionali a cui sottostanno le preferenze individuali e i loro possibili nessi con le scelte collettive. Si domanda che cosa determina il manifestarsi di ordinamenti virtuosi nelle preferenze individuali? Arrow nel suo libro Scelte sociali e valori individuali dice:

L’ordinamento rilevante per il raggiungimento di un massimo sociale è quello basato sui valori, che rispecchiano tutti i desideri degli individui, compresi gli importanti desideri socializzanti”.

E’ un concetto simile a quello espresso in un recente convegno internazionale da Lester Salamon:

Ci sono due impulsi apparentemente in contraddizione l’uno con l’altro: da una parte l’impegno radicato verso la libertà e l’iniziativa individuale e dall’altra parte il concetto, ugualmente fondamentale, che tutti noi viviamo in una comunità e abbiamo la responsabilità di andare oltre noi stessi ed adoperarci per il bene dei nostri simili”.

Il desiderio è quindi il motore del volontariato. Il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) ha detto recentemente che

Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare una società troppo appagata ed appiattita”.

Così facendo il desiderio diventa opera e costruzione di una risposta organica al bisogno.
L’impiego di personale volontario deve quindi continuare ad essere un elemento fondamentale delle organizzazioni di Terzo settore e, anche secondo le linee guida delle Nazioni Unite, un criterio discriminante, anche se non imprescindibile, per definire le istituzioni non profit.
Il valore del rapporto tra Terzo settore e volontariato si sostanzia in due aspetti. Innanzitutto sul piano educativo: occorrono realtà sociali e movimenti che sostengano il desiderio e lo educhino. In questo modo i corpi sociali, le comunità intermedie trovano una rinnovata importanza, non solo in termini strumentali come trampolino per un’azione sociale, ma in termini educativi, come luoghi in cui le persone sono aiutate a crescere, a prendere consapevolezza di sé e della realtà.
In secondo luogo il volontariato si intende come uno strumento per finalizzarne gli sforzi per la costruzione di un nuovo welfare: è capace di innovazione sociale, in quanto interviene e anticipa spesso temi “di frontiera” , ad esempio immigrazione, discriminazioni, sviluppo sostenibile; vive in prima persona i problemi e i bisogni delle persone, della società; ha un approccio concreto, del “fare”, nelle proposte, nella risoluzione dei problemi e per questo ha anche una visione meno ideologica; è abituato all’emergenza e alla scarsità di risorse, fondi, strutture favorendo la creatività e la sperimentazione e per questo ispira, rafforza, sostiene anche le politiche pubbliche locali, o ne colma le carenze.
Ciò che meglio salvaguardia il valore del volontariato è la sussidiarietà, cioè il principio che valorizza le iniziative provenienti dai livelli di organizzazione sociale più vicini alla singola persona, intesa come strumento che pone le condizioni per consentire alle persone di sviluppare tutta la loro iniziativa e capacità, che dia risposta ai bisogni della società attraverso i corpi intermedi cui appartiene.
Questo il quadro di riferimento per il volontariato, ma ci sono anche problemi aperti.
I volontari non appaiono infatti preoccupati per un eventuale indebolimento dei valori fondanti il volontariato, o per l’esistenza di una crisi al suo interno, ma sono consapevoli dell’esistenza di alcune difficoltà, specialmente di origine esterna. Hanno consapevolezza, infatti, del pericolo di strumentalizzazione che si può correre e in particolare si avverte il rischio di un utilizzo finalizzato a ridurre i costi dei servizi, inoltre non sempre il volontariato è messo in grado di partecipare ai momenti di concertazione e programmazione. Un elemento di notevole rilievo è inoltre rappresentato dalla possibilità che il volontario possa collaborare di più con gli altri attori sociali, specialmente quelli istituzionali.
La dimensione su cui comunque occorre puntare maggiormente è sicuramente la promozione della cittadinanza attiva e della partecipazione, insieme alla tutela dei diritti delle persone più deboli. In questo modo viene riaffermato con forza un ruolo fondamentale del volontariato, ossia la promozione di una cultura fondata sulla solidarietà, come elemento imprescindibile a cui non si può rinunciare, perché senza ragioni ideali, qualunque sia l’ideale, il volontariato muore. Ed è quello che nessuno vuole.



Il Presidente
Gianni Massai

Sovrano Militare Ordine di Malta: un’esperienza di vita - Intervento del 09/04/2011 di Elisa Perriello, volontaria del Sovrano Militare Ordine di Malta, nel ciclo di conferenze "L'uomo al Centro"

Sono Elisa Perriello volontaria del Sovrano Militare Ordine di Malta della sezione di Arezzo.
Questo Ordine nasce e fonda le proprie basi sul volontariato, ha lo scopo di assicurare assistenza umanitaria senza pregiudizio di razza, religione o fede politica. E' uno dei pochi Ordini nati nel Medio Evo e ancora esistenti, nacque come militare, ma poi, scomparsa  questa motivazione, assunse la funzione ospedaliera.
La natura cavalleresca giustifica il carattere nobiliare dell’Ordine e molti Cavalieri in passato provenivano da famiglie nobili, cosa che oggi non accade più, ma si deve però essere Cattolici praticanti. Anche il simbolo stesso della croce con otto punte, che simboleggiano le otto Beatitudini, indica il modello di vita da seguire, secondo gli insegnamenti di Gesù.
Quello che ci distingue  è proprio il nostro impegno ad approfondire la spiritualità nell’ambito della  Chiesa e a dedicare le nostre energie al servizio degli ammalati e dei poveri, che si concretizza attraverso il nostro lavoro in strutture assistenziali, sanitarie e sociali.
In quanto volontari non percepiamo nessuna ricompensa o retribuzione. Siamo infatti un gruppo di persone che mettiamo i bisognosi e gli ammalati al centro di ogni nostra attività organizzando pellegrinaggi ai santuari di Lourdes e Loreto e offrendo servizio negli ospedali. Ogni anno a dicembre organizziamo la festa del malato ed in questa occasione andiamo nelle case di riposo ad offrire il nostro supporto psicologico agli anziani.
Cerchiamo di aiutare chi è meno fortunato di noi con qualsiasi mezzo a nostra disposizione. In realtà prima dell’inizio di questa attività pensavo che i meno fortunati fossero proprio le persone a cui offrivamo il nostro aiuto, mentre oggi mi domando se le cose stanno davvero così. Spesso  infatti quando mi trovo a fare assistenza ad un anziano o ad un ragazzo che per qualche motivo è in sedia a rotelle, penso: ma sono veramente loro ad aver bisogno di noi, o noi di loro? Spesso infatti mi trovo di fronte a persone con una tale forza e una tale voglia di vivere che non riesco a credere che il loro fisico si sta, giorno dopo giorno, logorando nella malattia. Riusciamo a renderli felici anche soltanto prendendoli per mano, o semplicemente ascoltandoli quando parlano. Ma la cosa che più di tutte stupisce è che sono loro a rassicurarci quando ci vedono giù di morale per qualche motivo.  A differenza di una società che corre e va di fretta ed è sempre delusa, astiosa e diffidente verso il prossimo e nell’affrontare la vita queste persone riescono a trasmettere la tranquillità e la pace di chi riesce a comprendere quali sono le vere cose importanti nella vita. Fare volontariato quindi ti apre gli occhi su queste piccole cose, ma che in realtà sono la base per vivere serenamente con se stessi e con gli altri.
Sono nei volontari dell’Ordine di Malta da circa un anno e mezzo e all’inizio mi chiedevo che cosa ci facessi io a fare volontariato, era un’attività che ritenevo non mi si addicesse proprio, invece devo ringraziare un mio carissimo amico che mi ha parlato per ore intere delle sue esperienze durante i pellegrinaggi e della sola assistenza che mi ha coinvolto. In questo modo, piano piano, ho iniziato anche io ad osservare ciò che c’era intorno a me.
Concludo dicendo ringraziando gli altri componenti del mio gruppo, perché per me sono stati veramente dei maestri per capire come mi devo comportare con gli ammalati ed i poveri. Sono felice di poter fare delle esperienze che mi mettono a contatto con delle realtà che non avrei mai pensato potessero esistere.



Elisa Perriello
Volontaria del Sovrano Militare Ordine di Malta

martedì 5 aprile 2011

Piccoli passi per andare lontano - Intervento del 02/04/2011 di Gabriella Vannucci, segretaria del Circolo Culturale Triskelys, nel ciclo di conferenze "L'uomo al Centro"

La nostra appare essere diventata ormai una  società decisamente “mercenaria” in cui tutto è in vendita, in cui tutto e tutti hanno il cartellino con il prezzo attaccato sopra.
E’ proprio qui che troviamo una figura che non sogneremo mai di vedere: quella del volontario. Il volontario appare una figura atipica, anticonformista, che non partecipa al “rito del guadagno”, ma che dedica il proprio tempo all’assistenza dei più deboli e bisognosi, per dare assistenza e  dignità a chi non è in grado di soddisfare i bisogni primari.
Queste persone, per lo più sconosciute, spesso organizzate in associazioni, rappresentano una struttura fondamentale nel campo della solidarietà e del soccorso, appaiono fuori della società, proprio per la loro capacità di essere estranee a quel modello di vita materiale che l’uomo del terzo millennio ha saputo crearsi.
Il volontario non applica la filosofia del consumismo che impone desideri crescenti da realizzare e necessità di sempre maggiori guadagni, ma si sofferma a cogliere la vera essenza della vita, che non è nel materialismo delle cose, ma nella gioia di donare il proprio tempo, il proprio impegno, il proprio amore e le proprie capacità per rendere migliore l’esistenza di chi è meno fortunato.
Dove vi è sofferenza il volontario è sempre presente, nonostante i rischi ed i pericoli cui spesso va incontro e soprattutto nonostante l’ingratitudine e l’indifferenza che circonda la sua opera, anche se possiamo dire che piano piano  le varie associazioni di volontariato stanno prendendo sempre più campo in Comuni e Regioni.
Bisogna però prendere atto che questa attività fondamentale, in crescita, non è ancora sufficientemente pubblicizzata, in particolare dai mezzi d’informazione. I giornali, le televisioni, le radio, dovrebbero rappresentare la realtà del mondo in cui viviamo, perché vi sia coscienza di tutto ciò che sta intorno a noi. Purtroppo invece molto spesso questo non avviene a causa della “fame di guadagno” che ossessiona la nostra società. E’ molto più redditizia, in termini di audience, la cronaca nera (delitti descritti nei minimi particolari vedi il delitto di  Sara Scazzi e  Yara Gambirasio), la politica, la divulgazione dei miti del consumismo, ma ancora mancano dibattiti e informazioni accurati su chi aiuta i malati, gli emarginati, gli anziani.
Il volontariato regala, non vende nulla, e quindi non partecipa a quel meccanismo che immette denaro per produrre altro denaro.
Quanto raramente abbiamo assistito a trasmissioni che hanno mostrato l’incredibile opera dei medici senza frontiere, di quelle persone che hanno abbandonato una professione che avrebbe garantito loro fama e denaro, per recarsi invece in paesi dove le mine mietono vittime quotidianamente, o dove le malattie fanno morire i bambini come le mosche.
A causa di tutto ciò ritengo che l’opinione pubblica non sia pienamente cosciente del prezioso servizio che offre il volontario e quindi la mancata consapevolezza non riesce a sostenere pienamente lo sviluppo delle associazioni di volontariato, che invece, a causa delle continue emergenze, necessitano di sempre più mezzi per riuscire a creare strutture rispondenti alle esigenze della società più debole.
Purtroppo in alcuni casi, di cui le Confraternite di Misericordia, il Modavi (Movimento delle Associazioni di Volontariato) e molte altre associazioni sono felici eccezioni, la “fame di denaro” ha creato strutture che di fatto sono niente altro che organizzazioni economiche: muovono fiumi di denaro  che spesso finisce nelle tasche di speculatori, truffatori o delinquenti. Quante volte infatti abbiamo assistito ad interventi propagandati come assistenziali e di soccorso, ma che invece avevano scopi politici ed economici? Basti vedere il caso di Edoardo Costa ampiamente dibattuto su “Striscia la notizia”,
Il volontariato, in questi casi, perde i suoi originari ideali e le persone comuni, assistendo al mancato raggiungimento dello scopo prefissato per cui magari avevano anche contribuito donando i propri soldi, si domandano se alcune fantomatiche associazioni si occupano davvero di opere umanitarie, o se piuttosto sono organizzazioni che poco hanno a che fare con chi si occupa seriamente e per propria volontà di fornire aiuto ai più deboli.
E’ quindi necessario che non venga persa l’essenza vera della solidarietà. E’ vero che accanto alla gratuità che contraddistingue il volontariato, emerge anche l’essenzialità del denaro che favorisce il sostegno organizzato e che potrebbe allontanare dagli ideali di volontariato per spingere verso un’attività d’impresa, ma il volontariato deve essere un’attività svolta con il cuore, slegata da interessi economici e soprattutto non deve essere sentita come un obbligo o un impegno solo per compiere un po’ di bene, ma deve essere sentita come una spinta interiore che generi partecipazione convinta.
In una cultura in cui il denaro si scambia solo contro beni e servizi, l’opera di diffusione dell’importanza vitale del volontariato diventa sempre più difficile. Per questo motivo, per fare fronte alle necessità di assistenza, sono nate vere associazioni e vere società di servizi che integrano l’opera del volontario. Queste organizzazioni non hanno scopo di lucro, non devono generare profitti e costituiscono entità economiche che a tutti gli effetti muovono al loro interno risorse economiche di origine pubblica e privata. La Confraternita di Misericordia di Sinalunga nasce appunto come opera caritatevole al servizio gratuito del cittadino ed offre una formazione specifica grazie alla quale fornisce un servizio competente ed efficiente. Mette inoltre a disposizione una formazione professionale, riuscendo a generare nei volontari una crescita interiore ed una ricchezza d’animo assistendo chi è meno fortunato.
Il nostro impegno è quello di agevolare e aiutare associazioni come le Confraternite di Misericordia ed il Modavi (Movimento delle Associazioni di Volontariato) affinché possiamo migliorare  ciò che abbiamo intorno, proprio perché è facendo piccoli passi tutti insieme che saremo in grado di andare lontano e di costruire una società di valori piuttosto che dell’apparenza e dell’egoismo.


La Segretaria
Gabriella Vannucci