martedì 22 novembre 2011

Ora si fa sul serio: vogliamo le primarie

Il presente articolo pubblicato
sul Corriere di Siena il 25/07/2011
 (per ingrandire clicca sull'immagine)
“Alla luce degli ultimi eventi che hanno interessato la maggioranza di governo, è partita nelle prime quattro province della Toscana (Arezzo, Firenze, Siena e Grosseto) una campagna di raccolta firme per chiedere ai vertici del Popolo della Libertà, in vista delle prossime elezioni politiche, la veloce convocazione di un turno di Elezioni Primarie sulla scelta dei candidati alla Camera dei Deputati ed al Senato. La raccolta firme si terrà anche a Sinalunga e precisamente oggi al mercato cittadino, dove il Circolo Culturale Triskelys avrà un proprio spazio a disposizione”. Questo quanto fa sapere Gianni Massai, presidente del Circolo.
“Le elezioni primarie - spiega Massai - non rappresentano più un tabù per il Popolo della Libertà, sono richieste da tempo a più riprese dall’ex Ministro della Gioventù Giorgia Meloni e sono state indicate chiaramente dal Segretario Politico Nazionale Angelino Alfano come uno strumento valido per la selezione di una nuova classe dirigente nazionale”.

“Oggi più che mai - prosegue Massai - serve una risposta concreta all’antipolitica ed alla disaffezione che la gente sta mostrando nei confronti dei governanti. Alla luce degli ultimi avvenimenti dobbiamo fare autocritica ed ammettere che qualcosa non ha funzionato. Dobbiamo restituire alla nostra gente l’entusiasmo e la speranza e questo non si fa certo cambiando nome al partito o tornando indietro a ciò che c’era prima del Popolo della Libertà. Lo si fa piuttosto ripartendo dai contenuti, dai valori fondanti che caratterizzano la nostra parte politica: l’identità nazionale, la lotta alla droga, la difesa della vita, la legalità, la meritocrazia, ma anche restituendo agli elettori la capacità di essere protagonisti della politica. Siamo certi infatti che la politica fatta con passione, con amore, intesa come ‘servizio alla comunità’ rappresenti ancora la migliore risposta al deficit di sovranità e di partecipazione popolare che ha paralizzato il nostro paese e che scegliere direttamente i propri candidati, tra coloro che si sono fatti conoscere e stimare in seguito alla propria azione sul territorio, rappresenti il modo migliore per selezionare una nuova classe politica finalmente svincolata dalle ingerenze dei poteri forti, della speculazione bancaria e dell’usurocrazia”.
 
Foto durante la raccolta firme
“Il centrodestra italiano – aggiunge Massai - si trova oggi ad un bivio, come del resto tutta la politica italiana. O si restituisce agli elettori la possibilità di scegliere i propri candidati, sentendosi partecipi di una nuova fase politica nazionale, oppure dovremo rassegnarci ad un crescente disinteresse ed al trionfo dell’antipolitica. Oggi abbiamo finalmente l’occasione di poter tornare veramente a servire i cittadini ed un partito che si chiama, non a caso, ‘Popolo della Libertà’ non può ignorare questo richiamo”.
“Le prime province che hanno iniziato la raccolta firme - spiega ancora il presidente del Circolo Culturale Triskelys - sono Firenze, Siena, Arezzo e Grosseto, alle quali contiamo di aggiungere presto anche le altre, certi di raccogliere un vastissimo consenso tra i nostri elettori ed i nostri simpatizzanti. All’iniziativa hanno aderito numerosi eletti negli enti locali di tutta la Toscana, la Giovane Italia, il Movimento Studentesco Nazionale e svariate associazioni radicate sul territorio come appunto il Circolo Culturale Triskelys, ArezzoZERO, associazione culturale appartenente alla rete di Casaggì, Terra di Mezzo, Ground Zero”.

 
“Ripartiamo dalle parole dell’ex Ministro della Gioventù Giorgia Meloni e del Segretario Nazionale Alfano - conclude Massai - che da tempo stanno parlando di elezioni primarie per aprire la ‘fase due’ della vita politica del Popolo della Libertà, assieme alla celebrazione dei congressi in programma nei prossimi mesi. Siamo certi che l’imminente fase congressuale, assieme a questa grande iniziativa movimentista, restituiranno agli iscritti ed ai simpatizzanti del centrodestra, l’entusiasmo del 2008, quando oltre un milione di tricolori sventolavano per le strade di Roma sognando una nuova primavera per il nostro paese. Questo entusiasmo è stato in parte sopito dalla politica dei nominati, ma oggi è nostro dovere risvegliare e catalizzare quel sentimento in maniera positiva. Proprio durante la fase del tesseramento, appena concluso, in molti chiedevano idee, valori, cambiamento, rinnovamento e partecipazione: queste saranno le nostre parole d'ordine per il futuro”.



Il Presidente
Gianni Massai

domenica 13 novembre 2011

"Francamente non ho nulla contro Monti o Bini Smaghi o Siniscalco, ma voglio dire che non ho cominciato a fare politica per questo. Non ho speso i miei vent'anni di impegno politico per mettermi in fila dietro un banchiere scelto dai mercati. E non posso appassionarmi alle parole pronunciate qualche giorno fa da un nuovo Senatore a vita della Repubblica: 'Occorre cancellare il problema italiano di chi protegge la propria circoscrizione elettorale'. Sarà. Ma i governi eletti dal popolo al popolo rispondono. E i governi non eletti e fatti di tecnocrati, a chi rispondono? Personalmente ho sempre lavorato e continuerò a lavorare per la crescita del mio partito, del Popolo della libertà, e anche in questa occasione stiamo facendo del nostro meglio per trovare soluzioni condivise. Però, rispetto alle ipotesi di governo che tanto piacerebbero soprattutto ai partiti di opposizione, nessuno può impedirmi di chiamare le cose con il loro nome. Umiliazione della sovranità popolare, soppressione della libera scelta del popolo, tecnocrazia senza alcuna legittimità democratica. La crisi globale non l'ha causata Silvio Berlusconi. L'hanno causata le banche e la finanza internazionale. E adesso proprio gli esponenti delle banche e della finanza vogliono fare i salvatori della Patria? Ma se avevate tutte queste risposte da dare, perché non avete impedito la crisi nella quale ci troviamo?" (Giorgia Meloni)

giovedì 10 novembre 2011

Ricostruiamo l'Italia

La storia, che i padri romani definiscono magistra vitae, a volte si ripete ma, sfortunatamente, sembra che continui a non insegnare niente. Durante la crisi degli anni novanta in Europa salirono al potere diversi esponenti provenienti dal mondo bancario come Ciampi e Dini in Italia, Isarescu in Romania e Sturta in Moldavia. I risultati furono le privatizzazioni, lo smantellamento della previdenza pubblica e una crisi finanziaria dalla quale non siamo mai usciti.
Con grande apprensione, ma senza alcuna sorpresa, abbiamo appreso che fino alle prossime elezioni, previste per il febbraio dell’anno venturo, la Grecia sarà guidata da un governo tecnico appoggiato dal Pasok e da Nuova Democrazia presieduto da Lucas Papademos ex governatore della Banca centrale ellenica ed ex vicepresidente della Bce. Lo stesso partito comunista greco – dopo gli insegnamenti dei “nostri” Bertinotti, Diliberto e Vendola – si era dichiarato contrario a consultare il popolo con il referendum.
L’alta finanza, che dicono sia senza volto, non paga di aver esautorato de facto i governi politici (come da noi accadde con il governo Craxi, reo di aver chiesto la moratoria dei debiti internazionali e poi di aver difeso l’orgoglio nazionale a Sigonella), ora vuole assumere il controllo degli esecutivi anche de jure.
Anche nel Belpaese, dopo gli sciagurati precedenti dei governi di Ciampi e Dini, si vocifera della formazione di un nuovo esecutivo guidato dall’ex Commissario Ue Mario Monti o da Gianni Letta (uomini Goldman & Sachs) e beneamato dai “centristi” e dai “liberaldemocratici” delle due ali intercambiabili del Parlamento italiano. Un nuovo governo che, grazie ai voti di Fini, Rutelli, Casini, Bersani, Di Pietro, Vendola e degli ex diccì in fuga dal PdL, per prima cosa privatizzerà Eni, Finmeccanica ed Enel togliendoci l’ultimo baluardo di indipendenza energetica e industriale. Fantapolitica? Purtroppo no.
Il modello sociale europeo del dopoguerra, benché senz’altro liberista e capitalista, si è finora differenziato da quello anglosassone poiché più attento alla protezione sociale. Ne sono esempi un’assistenza sanitaria universale gestita dallo Stato, il divieto di licenziamento se non per giusta causa, l’assicurazione e la previdenza obbligatoria per i lavoratori. Ma tutto questo è un’eredità troppo gravosa per il turboliberismo della globalizzazione e così agli esecutivi del Vecchio Continente vengono imposti provvedimenti volti a smantellare lo stato sociale. I risultati sono evidenti: il precariato, autentico virus che distrugge la vita del popolo europeo, introdotto in Italia dal centro sinistra con il pacchetto Treu e consolidato dal governo del Cavaliere con la legge Biagi; i licenziamenti; il blocco degli scatti di anzianità; la rapina dei tfr; l’aumento dell’età pensionabile. Nonostante questo più noi paghiamo con le varie manovre e meno le cose vanno bene. Ma come può riprendere lo sviluppo economico se un popolo non ha il danaro neanche per le spese indispensabili? Le sedicenti politiche di austerità non sono una terapia contro la crisi, ma ne sono la causa o, perlomeno, un fattore di incremento. La soluzione può essere solo quella di restituire al popolo la sovranità monetaria e la sua dignità, poi riportare nuovamente il lavoro al centro della società.
Bisogna costruire una vera Europa, non quella atlantica dell’euro. Il tempo è ora scaduto: salviamoci finché siamo in tempo.

Stato sociale: paura per il futuro

Si agitano festanti nell’uggiosa notte della resa berlusconiana, dando la stura a frustrazioni represse e idiozie congenite. Cantavano di un sol dell’avvenire e si ritrovano al massimo con un Sole 24 ore in tasca e qualche sonora pernacchia in sottofondo, a scandirne l’incedere da vecchie pantegane della partitocrazia. Vorrebbero presentarsi come alternativi, ma di alternativo hanno solo il senso del pudore, così infimo da non indurli neanche a ritirarsi a vita privata. Giuseppe Mazzini, uno che citano spesso a sproposito, direbbe di loro: “Gridano avvenire dal seno delle rovine. Prigionieri la cui catena fu moderatamente allungata, si millantano liberi ed emancipati, perché gli è dato di movere intorno alla colonna che li tiene avvinti”.
Sinistrati e sinistri, si vantano di poter applicare meglio e più velocemente del Berlusca i diktat di Trichet e di Draghi, spianando a colpi di funeste liberalizzazioni i pochi anfratti ancora statali del Palazzo Italia. Cincischiano e farfugliano con inflessione dialettale emiliana e pugliese, o blaterano alla molisana. E, purtroppo, ho l’impressione che non sia finita qui.
Hanno legato il paese all’euro come un cane ad un albero con un filo di ferro, condannato a morte Eni, Enel e Finmeccanica, precarizzato il lavoro e ipotecato le pensioni. Sono il sequel peggiorato di un film horror già visto. Riproporranno la solita ricetta a base di tagli alla spesa, cianciando di correzione dei conti pubblici, di pareggio del bilancio e abbattimento del rapporto tra debito pubblico e Pil.
Non bisogna essere provetti economisti per capire che meno spesa pubblica significa impoverimento del Paese, riduzione della domanda interna e contrazione dei livelli di attività delle imprese. Nel tentativo, fasullo, di ridurre il debito, si continuerà insomma ad abbattere anche il Pil, restando fermi al palo.
Il tutto mentre un paese in cui il 10% della popolazione detiene il 60% di tutta la ricchezza rantola e annaspa.
“Che fare?”, direbbe qualcuno.
Abbiamo soltanto pistole ad acqua, ma unendole possiamo annebbiare la visuale di chi guida i blindati dell’usura e mandarlo fuori strada. Tante voci, una sola parola: Jatevenne! Tutti, a partire da colui che per provenienza geografica, meglio comprenderà il significato di questo invito.