mercoledì 23 marzo 2011

L'uomo al centro - Ciclo di conferenze

Cari amici vi scrivo per invitarvi tutti al primo evento di Triskelys: l'uomo al centro.
Le conferenze si distribuiranno su tre sabati successivi a partire dal 26 marzo fino al 9 aprile, con orario 16,00-19,00 presso i locali della Misericordia di Sinalunga, e toccheranno argomenti che incidono profondamente nella vita delle persone a contatto con chi, purtroppo, manifesta patologie del tipo trattato o si trova in situazioni di inabilità.
In queste occasioni, oltre ad ascoltare i brevi interventi dei professori che ci onorano della loro presenza, abbiamo previsto la possibilità di un dibattito diretto con il pubblico, proprio riguardo le ricadute sociali dei temi che saranno affrontati e le misure che è necessario intraprendere.
Ritengo perciò questo ciclo di conferenze un momento unico per tutta la popolazione, un'occasione di crescita sui problemi sociali che derivano dall'avere nelle proprie famiglie, o nel giro delle proprie conoscenze, persone bisognose di assistenza.
Ritengo sia necessario un sistema per cui sia possibile, al di là del semplice discorso teorico, riposizionare l’Uomo al centro della Medicina e della Cura, perché la malattia non è da qualche parte nell’uomo, ma è tutto l’uomo, è in tutto ciò che è l’uomo.
Spero quindi che ci ritroveremo tutti insieme per ascoltare, imparare e riflettere, per capire come dare una possibilità di vita migliore a chi ne ha più bisogno.

Di seguito il programma dettagliato, organizzato secondo le giornate:


lunedì 21 marzo 2011

La lunga mano dietro alle guerre in Libia, Afghanistan e Iraq

Dopo l’avallo della comunità internazionale, incassato a Parigi dal vertice Europa-Lega Araba, è partita la prima offensiva a Gheddafi con le incursioni aree dei soliti missili da crociera tomahawk, quelli che gli americani definiscono “intelligenti” e dalla “precisione chirurgica”. Sono i missili che l’opinione pubblica “accetta” di buon grado, come se non uccidessero in ogni conflitto migliaia di civili tra errori umani - forse meno intelligenti dei missili - e circostanze varie. La macelleria libica di queste settimane doveva necessariamente essere fermata, su questo non c’è alcun dubbio. Il sanguinario dittatore libico ha dimostrato ampiamente di essere disposto a fare un’ecatombe pur di riprendere il tanto amato potere, ma la scelta di iniziare una guerra con tanto di bombardamenti è quanto meno discutibile.
Nelle prossime settimane capiremo quale sarà l’entità dell’intervento militare e soprattutto cosa ci guadagneranno i paesi protagonisti capitanati dagli USA, che nel caso della guerra in Iraq hanno finito per assumere il controllo dei giacimenti petroliferi e ottenuto contratti per la ricostruzione. Quello che mi chiedo è se sarebbe stato possibile evitare tutti i conflitti a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. In Iraq e Afghanistan era davvero necessario muovere una guerra in grande stile? La diplomazia non poteva fare niente? Sembra impossibile che non ci fossero stati margine di trattativa per evitare il conflitto: Saddam Hussein poteva essere messo alle strette, essere costretto all’esilio, se solo ci fosse stata veramente la volontà di evitare la guerra. Non avrebbe mai potuto pensare di resistere alla potenza militare statunitense e aveva anche dato l’impressione di voler evitare il conflitto accettando le ispezioni dell’Onu e il disarmo dei missili Al-Samoud poche settimane prima dell’intervento militare. Perché, in quel caso, non costringere Saddam alla resa evitando la guerra? L’Onu avrebbe preso il controllo della situazione dispiegando i caschi blu per garantire la sicurezza e ottenere il traghettamento del Paese verso libere elezioni.
Una soluzione simile sarebbe stata auspicabile ieri, ma anche oggi con Gheddafi. Seguendo questo modo di agire però gli Stati Uniti e, in tono minore, i suoi alleati, non avrebbero sicuramente goduto dei “diritti del vincitore”, intesi come concessioni petrolifere e ricostruzione, ma sarebbe stata risparmiata la vita di migliaia di civili e anche quella di moltissimi militari che sono, ricordiamolo, persone anche loro, alcuni con una famiglia, altri giovani costretti ad imbracciare un fucile. Sarebbe stata risparmiata la vita anche a migliaia di giovani militari, ragazzi in molti casi arruolati nelle aree depresse, dove la disoccupazione è altissima e i governi riescono a fare man bassa di giovani che poi mandano a morire lontano da casa. Di questo argomento ne parla il celebre docu-film di Micheal Moore, che mostra i “reclutatori” dell’esercito avvicinare i giovani mostrando loro i benefici dell’arruolarsi nell’esercito: “girare il mondo con uno stipendio ottimo e sicuro”. Invece i dati oggi ci parlano di circa cinquemila morti nelle truppe alleate e, per ogni morto, diverse altre persone rimangono invalide a vita. Ci saremmo inoltre risparmiati scene raccapriccianti come quelle provenienti dal carcere lager di Abu Ghraib, dove i detenuti erano torturati nei modi peggiori che una mente malata può concepire. Ci saremmo risparmiati di vedere gli effetti del fosforo bianco che gli Apache americani hanno utilizzato sui quartieri residenziali di Falluja, facendo letteralmente evaporare i cittadini, “donne e bambini” come usano dire i mass media quando vogliono colpire l’opinione pubblica.
Ora invece tocca alla Libia, al popolo libico già dilaniato da qualche settimana da una guerra civile.
Siamo all’alba dell’ennesima guerra di conquista? Data la presenza del petrolio, non ci sarebbe da meravigliarsi, ma c’è anche di più, cioè la strategia di conquista delle risorse e del potere mondiale. Come ha rivelato il generale Wesley Clark, ex comandante supremo della Nato, si sta procedendo con la sequenza prospettata da Dick Cheney, Segretario alla Difesa di Bush: invasione di Afghanistan, Iraq, Libia, Libano, Sudan, Somalia, Siria e infine Iran. Evidentemente la lista è stata aggiornata, dato che dalla fine del 2009, dopo l’attentato del volo Amsterdam-Detroit, oltre alla Somalia si è iniziato a parlare anche di Yemen, due Nazioni entro cui, guarda caso, si adagia il Golfo di Aden, passaggio obbligato delle petroliere sulla rotta per Suez e, inoltre, sono stati messi in previsione anche i bombardamenti sul Pakistan.
Non scoppia tutta insieme, va avanti progressivamente, ma questa è la terza guerra mondiale.



Il Presidente
Gianni Massai

lunedì 14 marzo 2011

La via italiana dell'energia nucleare

Il terribile terremoto in Giappone dimostra oggettivamente l'insicurezza dei reattori nucleari tradizionali, quelli che utilizzano il metodo della 'fissione' nucleare. L'Italia e' immune da simili rischi in forza di un referendum popolare che ebbe, nel 1987, un esito plebiscitario, imponendo la chiusura delle nostre centrali.
Ribadisco quello che capirebbe chiunque: abbiamo la grande opportunità di investire sul nucleare pulito, trasformando in rara forza la nostra apparente debolezza data dall'assenza di reattori nucleari sul nostro territorio. Possiamo provare, abbandonando la nostalgica scelta della realizzazione dei vecchi reattori di terza generazione, ad arrivare per primi al mondo sulla frontiera del nucleare pulito. Questo primato darebbe all'Italia una forza strategica economica e geopolitica.
Le grandi aziende del settore lavorino dunque su questo senza timidezza, la politica dia questo input, sconfiggendo quei 'ricopioni' che vogliono mettere l'Italia in coda a Francia e Stati Uniti.
Creiamo quindi la via italiana al nucleare pulito con un grande sforzo scientifico e industriale e con un sodalizio bipartisan delle forze politiche su questa prospettiva, stanando anche i rifiuti talebani di chi dice di essere contro la fissione nucleare, ma, in realtà, si appresta a essere contrario anche al nucleare pulito.



Il Presidente
Gianni Massai

Donne, basta retorica inutile, passiamo ai fatti

Per evitare di essere frainteso voglio dire subito che se fossi una donna scenderei in piazza. Lo farei come succedeva trent'anni fa e non solo per protestare contro gli stupri. Oggi lo farei per non farmi prendere in giro.
Se siamo tutti d'accordo sul fatto che esiste un ritardo culturale che non valorizza adeguatamente la donna e le sue specifiche esigenze non si capisce perché tutto rimanga come prima. L'intervento del governo sul quoziente familiare andrebbe calendarizzato con precisione e invece non si riesce a capire se e quando si farà. Non ci sono convincenti politiche a sostegno della maternità e si è costretti a constatare che 1/3 delle donne rinuncia al lavoro dopo il primo figlio e il 50% dopo il secondo. Nella stragrande maggioranza dei governi locali le donne non ci sono o sono presenti con numeri ridicoli, inserite per questioni di marketing, più che per rispettarne la dignità e il ruolo nella società. Infine ci sono ancora il 90% di società partecipate o di enti e agenzie pubbliche che non hanno nei Cda o nel management interno una sola donna. Eppure di professioniste, imprenditrici, docenti universitarie, manager, ce ne sono a decine di migliaia.
Il punto centrale della rappresentatività femminile non è soltanto quantitativo, ma anche qualitativo: una donna non valorizzata dalle Istituzioni, non considerata dalla politica, estromessa dalla gestione delle aziende pubbliche e private non è considerata una persona, ma una seccatura o direttamente un "oggetto". A questo fattore culturale, a mio giudizio, si legano episodi di mobbing, stalking, maltrattamenti, violenze e stupri, nonché il fenomeno delle mancate denunce da parte delle vittime. Sarebbe più difficile commettere violenza su persone che vengono considerate strategiche nel loro ruolo sociale e culturale. La politica ha oggi gli strumenti per dare risposte concrete, la smetta quindi di fare demagogia indicendo manifestazioni.



Il Presidente
Gianni Massai

Sto con l’Italia che vuole vincere, sto con la mia gente

Sto con la mia gente, quella che ha combattuto per affermare una visione spirituale della vita e del mondo, che crede in Dio, un Dio qualunque purché sia, che promuove l’identità italiana e la difende dall’aggressione di altre tradizioni, culture, religioni che arricchiscono il mondo, tutte rispettabili e bellissime, ma diverse dalla nostra. Il tema di oggi non è più come garantire l’integrazione nella grande stagione dei flussi migratori, ma come preservare le identità, cioè la ricchezza del mondo, nell’era della globalizzazione e nel rispetto dell’integrazione. Emergenza trascurata a causa della ‘coda di paglia’ figlia della furia totalitaria e razzista del secolo scorso. I veri statisti, se fossero tali, non rinnegherebbero i valori occidentali per avere accesso ai salotti radical-chic, non si arrenderebbero ad un destino di mescolanze destinate a peggiorare il pianeta nei prossimi cento anni, ma assumerebbero le azioni necessarie a salvaguardare e promuovere le differenze tra i popoli. La politica dei respingimenti alle frontiere e quella degli ingressi programmati per gli immigrati con regolare contratto di lavoro ribadisce che ‘rigore e accoglienza’ possono convivere.
Sto con la gente che si emoziona quando una vita scocca, fin dal concepimento, e vuole difenderla anche quando potrebbe scomparire su un letto d’ospedale grazie a un’iniezione, perchè la vita appartiene a se stessa e al Signore.
Sto con la gente che ama l’indipendenza della nostra nazione e non accetta ordini dalle multinazionali dell’energia, che ricorda con ammirazione Enrico Mattei, rivendica gli accordi dell’Italia con Russia e Libia perché fanno risparmiare le famiglie e rendono più competitive le nostre imprese, che ribadisce di non essere una colonia, nè un mercato da saccheggiare e non intende pagare l’energia 100 volte quel che vale. Se ci hanno dichiarato guerra e finanziano i nostri oppositori è il segnale che siamo sulla giusta strada.
Sto con la gente che non crede giusto insegnare il Corano nelle scuole e vuole combattere la segregazione delle donne, anche con il divieto di indossare il velo integrale. Sto con chi ambisce a una giustizia giusta e politicamente neutrale, che desidera un potere giudiziario che sappia essere un ordine dello Stato e non un contro-potere che destabilizza lo Stato. Sto con la famiglia tradizionale, papà, mamma e figli, senza stravaganze, senza adozioni tra persone di uno stesso sesso. Chi è omosessuale ha il diritto di fare della sua vita ciò che vuole ma ha il dovere di lasciare in pace la famiglia e i bambini.
Sto con la gente semplice che quando la sinistra parla sistematicamente bene della destra si disorienta, non capisce, che quando un pezzo di maggioranza vota come l’opposizione si sente tradita e si dispera perchè vede allontanarsi la prospettiva di un ‘paese normale’.
Sto con la gente che ha forgiato la sua sensibilità ambientalista scagliandosi contro la speculazione senza compromessi, che si è sporcata i piedi nel fango delle alluvioni, le mani nell’immondizia degli arenili degradati, la faccia sul fumo dei boschi in fiamme nel tentativo di salvarli dagli incendi. L’ecologia della responsabilità contro l’ambientalismo opportunista in giacca e cravatta.
Una domanda s’impone: se la Lega nord usasse il suo ministro degli interni per polemizzare quotidianamente con Umberto Bossi e la sua  linea, ne trarrebbe benefici o subirebbe una caduta di consensi? Ha un senso oggi lamentarsi di uno sbilanciamento verso la Lega dopo averla rafforzata assumendo posizioni incomprensibili e attaccando quotidianamente Governo e PdL?
Sto con la mia gente, con quella che quando ha saputo che una signora Colleoni qualunque ha lasciato il frutto dei sacrifici di una vita ad Alleanza Nazionale, si è emozionata e si è sentita “orgogliosamente diversa”. L’etica nella politica non è uno scioglilingua. Il fatto che in quella casa di Montecarlo viva il fratello di Elisabetta Tulliani è semplicemente disgustoso. Non è un problema di valore immobiliare, non m’interessano i parametri economici né le rilevanze penali: è disgustoso tradire la generosità e la buona fede di una persona che ti lascia tutto prima di morire, considerandoti la sua famiglia. Se abbiamo pagato campagne elettorali, anche nelle scuole e negli atenei, promosso collette tra squattrinati, calmierato sigarette e pizze con gli amici è perchè sapevamo di essere un Movimento povero di denari ma ricco di valori.
Sto con la mia gente, che ha combattuto una vita per affermare che la sovranità popolare è un valore e i governi li fanno i cittadini con il voto, non i Parlamenti con le imboscate e le congiure. Sto con chi è pronto, ancora una volta, a combattere per sconfiggere i trasformisti e i restauratori della prima Repubblica, quelli che, in odio al Cavaliere, vogliono cancellare diritti conquistati negli ultimi venti anni e, tra questi, quello di decidere chi debba governare, senza deleghe. Combattere è un destino. Facciamo rullare i tamburi, la trincea non è il terreno giusto per laicisti ed atei, la trincea è di chi crede.  
Non sto con Fini o Berlusconi, sto con l’Italia che vuole vincere, sto con la mia gente.




Il Presidente
Gianni Massai