giovedì 10 novembre 2011

Ricostruiamo l'Italia

La storia, che i padri romani definiscono magistra vitae, a volte si ripete ma, sfortunatamente, sembra che continui a non insegnare niente. Durante la crisi degli anni novanta in Europa salirono al potere diversi esponenti provenienti dal mondo bancario come Ciampi e Dini in Italia, Isarescu in Romania e Sturta in Moldavia. I risultati furono le privatizzazioni, lo smantellamento della previdenza pubblica e una crisi finanziaria dalla quale non siamo mai usciti.
Con grande apprensione, ma senza alcuna sorpresa, abbiamo appreso che fino alle prossime elezioni, previste per il febbraio dell’anno venturo, la Grecia sarà guidata da un governo tecnico appoggiato dal Pasok e da Nuova Democrazia presieduto da Lucas Papademos ex governatore della Banca centrale ellenica ed ex vicepresidente della Bce. Lo stesso partito comunista greco – dopo gli insegnamenti dei “nostri” Bertinotti, Diliberto e Vendola – si era dichiarato contrario a consultare il popolo con il referendum.
L’alta finanza, che dicono sia senza volto, non paga di aver esautorato de facto i governi politici (come da noi accadde con il governo Craxi, reo di aver chiesto la moratoria dei debiti internazionali e poi di aver difeso l’orgoglio nazionale a Sigonella), ora vuole assumere il controllo degli esecutivi anche de jure.
Anche nel Belpaese, dopo gli sciagurati precedenti dei governi di Ciampi e Dini, si vocifera della formazione di un nuovo esecutivo guidato dall’ex Commissario Ue Mario Monti o da Gianni Letta (uomini Goldman & Sachs) e beneamato dai “centristi” e dai “liberaldemocratici” delle due ali intercambiabili del Parlamento italiano. Un nuovo governo che, grazie ai voti di Fini, Rutelli, Casini, Bersani, Di Pietro, Vendola e degli ex diccì in fuga dal PdL, per prima cosa privatizzerà Eni, Finmeccanica ed Enel togliendoci l’ultimo baluardo di indipendenza energetica e industriale. Fantapolitica? Purtroppo no.
Il modello sociale europeo del dopoguerra, benché senz’altro liberista e capitalista, si è finora differenziato da quello anglosassone poiché più attento alla protezione sociale. Ne sono esempi un’assistenza sanitaria universale gestita dallo Stato, il divieto di licenziamento se non per giusta causa, l’assicurazione e la previdenza obbligatoria per i lavoratori. Ma tutto questo è un’eredità troppo gravosa per il turboliberismo della globalizzazione e così agli esecutivi del Vecchio Continente vengono imposti provvedimenti volti a smantellare lo stato sociale. I risultati sono evidenti: il precariato, autentico virus che distrugge la vita del popolo europeo, introdotto in Italia dal centro sinistra con il pacchetto Treu e consolidato dal governo del Cavaliere con la legge Biagi; i licenziamenti; il blocco degli scatti di anzianità; la rapina dei tfr; l’aumento dell’età pensionabile. Nonostante questo più noi paghiamo con le varie manovre e meno le cose vanno bene. Ma come può riprendere lo sviluppo economico se un popolo non ha il danaro neanche per le spese indispensabili? Le sedicenti politiche di austerità non sono una terapia contro la crisi, ma ne sono la causa o, perlomeno, un fattore di incremento. La soluzione può essere solo quella di restituire al popolo la sovranità monetaria e la sua dignità, poi riportare nuovamente il lavoro al centro della società.
Bisogna costruire una vera Europa, non quella atlantica dell’euro. Il tempo è ora scaduto: salviamoci finché siamo in tempo.

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