lunedì 17 ottobre 2011

Domande ai manifestani (pacifici) di Roma

Cari Colleghi Indignati che siete affluiti rabbiosi a Roma, io sono indignato più di voi. Sono indignato con tutti quelli che fanno arrabbiare pure voi, ma in più sono indignato anche con voi per tre motivi. Il primo perché siete malintenzionati, volete fermare treni, sfasciare cose, terrorizzare la gente e provocare i poliziotti vostri coetanei. Ma mi spiegate che c'entrano con il Potere che v'indigna? Il secondo motivo di indignazione è che vi accanite contro Roma. Siete rimasti arretrati di qualche millennio perché Roma da un pezzo non è caput mundi e la crisi globale arriva a Roma di riflesso: siete per caso seguaci di Bossi e ritenete che tutti i mali urbi et orbi nascano a Roma ladrona e puttanona? Ma il terzo, più sostanziale motivo è che condivido la vostra indignazione contro il dominio della Borsa sulla vita, del mercato sulla società, del capitale sul lavoro, ma non riesco a vedere in voi lo straccio di un rimedio, l'accenno di una risposta. Assaltiamo le banche e poi che facciamo? Attacchiamo i ministeri e gli esattori delle tasse? E poi cosa otteniamo oltre il plauso degli evasori? Non predico la rassegnazione, capisco il formicolìo alle mani dei ragazzi, soprattutto se ingozzati dal benessere. E’ bene esprimere il vostro disagio, rendervi visibili e attivi e non chiudervi in solitudine, ma chiedete meritocrazia e non datevi allo sfascismo. E poi distinguete tra le colpe vere del Sistema, le ingiustizie sociali e la vostra inquietudine, anzi la nostra. L'anima vi sfugge e non sapete cosa fare della vita.



Il Presidente
Gianni Massai
29 settembre 2011

Con sconforto vedo il mio Paese alla deriva e mi chiedo: ma da dove può ripartire la politica? Dalla politica, scrive­vo ieri. Non è un circolo vizioso, è la realtà. La politica, come la giusti­zia, è finita in un caso personale, in un attacco o una difesa ad perso­nam. Si è perso il senso del­la realtà, la scala delle priorità, la distinzione degli ambiti e dei con­fini, ma ora la politica deve ricomin­ciare là dove sorge il suo nome e la sua essenza. Si chiama politica e nella polis è inclusa già l’idea plurale di una poligonia (tanti poligoni, tante sfaccettature diverse), per dirla con Gioberti, e della cittadinanza inte­ra. Non si può far politica solo intorno al “caso B”.

Che vuol dire ripartire dalla poli­tica? Innanzitutto vuol dire ricost­i­tuire un vero movimento politico, e quindi dotarsi di una prospetti­va e di un habitat. Il punto di parten­­za è l’Italia, il punto d’arrivo è la ri­forma dello Stato. In questo percorso la politica deve necessariamente ripar­tire dal legame sociale, politico e co­munitario e il suo orizzonte è colletti­vo, non singolare. La stessa antipolitica, alla fine, tradisce la no­stalgia della politica vera, che è de­cisione e dunque responsabilità personale, ma anche partecipa­zione e dunque popolo. Il senso di fare politica sta infatti nel legame sociale.

Non aspetto nessuna rivo­luzione liberale, come si vagheg­gia da vent’anni. Aspetto invece la politica, che non è l’economia, non è l’individuo, non è il mercato, per­ché ci sono cose che non possono essere regolate dal mercato, decise dall’economia, orientate solo su base individua­le. La politica si fonda sulle comu­nità locali - cioè cittadine, provin­ciali, territoriali - sulle comunan­ze politiche - cioè di partito, di idee, di culture civiche - sulle co­munità nazionali - cioè unite da amor patrio e identità nazionale - ­e sulle unioni sovranazionali - ­cioè le civiltà, come l’Europa o il Mediterraneo-. Dopo l’emergenza occorrerà ri­p­artire dal fare politica e non dal lea­der, che è piuttosto il punto d’arrivo e non di partenza, occorrerà un sistema elettorale reso coe­rente che elegga direttamente sia il sindaco che il rappresentante del territorio in Parlamento, sia il governatore regionale che il pre­mier. Non si può decidere tutto, sistema delle alleanze, ruolo dei soggetti in campo, margini del­l’azione politica, sulla sola base della lealtà al leader o in odio a lui, perché la politica lo precede e gli so­pravvive: i leader passano, l’Italia resta.
L’idea forte della politica è l’amore per il proprio Paese da cui deriva la volontà dell’Italia unita, l’amor patrio, il senso dello Stato, lo spirito pubbli­co e la necessità di guidare la socie­tà fra le tempeste del mondo glo­bale. Uno Stato che gestisca di me­no e controlli di più, più leggero ma più autorevole.

Anche in sede europea occorre ripartire dalla politica. A costo di essere visionari bisogna far nascere il so­ggetto politico Europa attra­verso un atto politico, fortemente simbolico e popolare, come può essere l’elezione diretta del presi­dente degli stati uniti d’Europa, perché se l’Europa ha una banca centrale ma non ha un governo centrale, sa­rà sempre la serva gracile della fi­nanza. Il nemico principale della politi­ca è oggi il privato, ma non fraintende­te, non intendo dire l’iniziativa privata o il settore privato rispetto al pubblico. Intendo dire che oggi il Privato sembra l’essenziale e il Pubblico la sua ricaduta. La politi­ca oggi si fa a partire dal privato, i cittadini valutano la politica sulla base della vita privata, il privato domina ovunque. Occorre restitu­ire dignità e autonomia alla sfera pubblica. Uno degli effetti della ti­rannia del privato è la ricattabilità dei personaggi pubblici sul priva­to, l’ossessione morbosa delle in­tercettazioni, il giudizio politico confuso con la sfera privata. La po­litica non può dipendere dal priva­to, né dipendere dalla morale, ma non può essere priva di etica. L’eti­ca è la morale degli Stati e della sfe­ra pubblica; la morale invece è l’etica del­le coscienze, che è di natura perso­nale e può essere mediata da enti morali e religiosi, ma non da istitu­zioni politiche. La politica si sposa all’etica ma non si addentra nella morale. Non pretendo che i politi­ci abbiano senso morale, ma esi­go che abbiano senso etico. Per fa­re un esempio non mi interessa la loro condotta sessuale, ma non ac­cetto che qualcuno abbia un ruo­lo pubblico per meriti sessuali, perché la prima può riguardare la morale, ma la seconda riguarda l’etica.
È folle questa fase della politica decisa su base privata, non solo in Italia, ma anche in tutto l’Occidente se si pensa al caso Strauss Kahn o Sarah Pa­lin. Il rovescio del moralismo è la pornocrazia - cioè il giudizio politi­co fondato sul comportamento sessuale-, è il virtuismo borghese criticato da Vilfredo Pareto cen­t’anni fa. Ma la risposta al morali­smo non può essere l’abbandono ai liberi impulsi della vita privata; la politica ha bisogno di un’etica che le dia decoro, dignità del ruo­lo e credibilità.

Infine mi domando: ci sono oggi le condizioni per ri­lanciare la politica? Onesta­mente non c’è il clima, non c’è uno spirito costituente, non c’è fervore e passione civile. Allora è nostro preciso dovere intercettare i flussi vita­li, ridestare gli spiriti sommersi nel profondo dei popoli, ma, pri­ma ancora, rieducare i cittadini a considerarsi popolo e non solo individui, far capire che i concetti di vita, di benessere non sono indi­pendenti, ma  interdipendenti e inseriti in un contesto.
Resta comunque la considerazione di prima. Non ci sono segnali positi­vi, solo segnali in negativo: c’è il vuoto, c’è il fallimento del model­lo opposto, c’è il malcontento. Non so se basti questo per rigene­rare la politica, ma so che è l’unica cosa di cui disponiamo e su cui lavorare. E dunque ripartiamo da lì. In fondo l’agire politico na­sce proprio per rispondere a quel che manca.



Il Presidente
Gianni Massai

Appunti per la ragionevolezza (questa sconosciuta)

28 settembre 2011


Condivido l'appello dei vescovi alla sobrie­t­à e all'aria pulita. Aggiungo solo tre corol­lari omessi e una riflessione sul futuro.

Uno. Magari il degrado denunciato dai vescovi si po­tesse circoscrivere a una persona, fosse pure il premier, e a una fase, i nostri giorni. Purtroppo il degrado è più radicale, più diffuso, più stagionato.

Due. Ma l'uso pubblico della vita privata, la pubblicazione amplificata di deplorevoli ri­svolti dell'intimità e infine l'incitazione all' odio, non hanno gravi corresponsabilità nel degrado morale e civile del Paese?

Tre. Ma chi dovrebbe "purificare l'aria"? La sinistra di Pena­ti e Vendola? I comitati d'affari che si vedono all'orizzonte? I tifosi di Zapatero, dell'aborto e delle unioni gay?

Senza togliere una virgola alla denuncia, sareb­be stato più onesto e veritiero aggiungere an­che questi tre aspetti.

La riflessione, invece, ci sposta sull'agire po­litico. Con l'estrema unzione dei vescovi, si è completato il pronunciamento dei vecchi "poteri forti" compatti contro il governo Berlusconi. È già accaduto in passato. Ma ha senso spostare la partita politica sul terreno personale, in difesa del privato? E per Berlusconi ha senso giocare la partita soli contro il resto del mondo, non avendo più il vasto consenso popolare e con il fiato di Bossi sul collo?

Molto meglio sarebbe annunciare che a fine legislatura si chiude un ciclo, puntare a concluderlo degnamente per il bene dell'Italia e poi ri­partire dalla politica, cioè da zero.



Il Presidente
Gianni Massai