domenica 10 aprile 2011

2011 anno del volontariato: le ragioni ideali – Intervento del 09/04/2011 di Gianni Massai, presidente del Circolo Culturale Triskelys, nel ciclo di conferenze "L'uomo al Centro"


Le scienze sociali hanno per lungo tempo portato avanti l’idea che tutto il vasto mondo organizzato intorno al volontariato, fatto di relazioni basate sul dono e sulla solidarietà e collocato al di fuori dei confini dello Stato e del mercato, diventasse ad un certo punto marginale a causa dell’espansione dell’azione pubblica. Invece assistiamo alla sua continua espansione anche nelle società economicamente più avanzate.
Alcuni possono anche pensare che si tratti di un fenomeno di recente formazione, nato con qualche legge o “importato” da oltre oceano, ma in realtà, soprattutto in ltalia, il fenomeno ha origini molto antiche in tutte le culture, sia nella cattolica, che nella socialista, che in quella liberale.
Il mondo cristiano, fin dalla tarda antichità, dà vita a un sistema assistenziale basato su una risposta al bisogno gratuita e al tempo stesso di natura associativa, che traduce una pratica diffusa all’interno delle comunità e che dalla caritas evangelica fa derivare per la prima volta uno ius hospitalitatis.
Fin dall’ultimo periodo imperiale e poi nel primo Medioevo, si realizza un “sistema di carità” come sintesi di istituzioni in larga misura libere e autogestite, sostenute dalla decisione personale e volontaria di chi sceglie di dedicarsi al servizio ospedaliero o di far parte di un’associazione elemosiniera. Vengono fondate numerose strutture permanenti di accoglienza, con il nome di xenodochia e quindi sempre più spesso di hospitalia, in genere lungo le reti viarie e nei pressi di monasteri, residenze episcopali, sedi plebane, in un contesto nel quale i centri urbani rivestono minore importanza. Per quanto non manchi l’aspetto della cura, in esse si pratica un ricovero largamente indifferenziato, rivolto anche ad anziani poveri, invalidi, malati cronici.
Da questo possiamo capire quanto antica possa essere l’origine del volontariato e quindi è anche importante stabilire quanto profonda sia la sua natura. La massima priorità dell’azione del volontario è sicuramente riferibile alla diffusione della cultura della solidarietà e fondamentale è anche rimarcare i contenuti che caratterizzano l’azione volontaria, come ad esempio la relazione tra persone, l’azione educativo-culturale sui doveri sociali e la formazione.
Il volontariato ha dunque un valore in sé che viene affermato con forza, un sistema di dono e di relazione basata su solidarietà corte e legami di tipo comunitario, non è un’attività relativa alla vita civile, a lato di quella personale, ma è innanzitutto una dimensione interna alla natura dell’uomo. Da quanto osserviamo tutti i giorni nelle nostre realtà, possiamo dedurre che ciò che ci fa interessare degli altri è proprio un’esigenza costitutiva della nostra natura: quando vediamo un bisogno ci sentiamo spinti a rispondere perché corrisponde alla nostra natura piuttosto che per il fatto che qualcuno o qualcosa ci obblighi a farlo.
Il cuore di un’azione volontaria, gratuita è nella natura dell’io e nasce dalla coscienza di un io ferito, perché capisce che non si basta da sé e che, come lui, nessuno può bastarsi da sé, ma ha bisogno di un altro. E’ paradossale, ma dalla coscienza di essere “feriti” nasce qualcosa di sorprendente.
Voglio proporre l’esperienza di un mio amico implicato in attività di volontariato, a proposito dei ragazzi che assiste:

Al centro è l’altro come imprevisto, l’altro che è sempre l’imprevisto più bello che ti possa capitare e non un accidente: è l’indispensabile risorsa da aggiungere. Altrimenti gioco a difendermi e tutto si risolve in una ideologia. Penso che fin dall’incontro con i primissimi ragazzi io abbia contratto il sentimento di una vera gratitudine per la ricchezza di esperienza che mi era dato di sperimentare con loro e con le loro storie. Che ricchezza! Che profondità di vita! Anche nell’errore c’era sempre una speranza di bene. Che groviglio di situazioni e che miseria talvolta, ma allo stesso tempo che grandezza! Dietro una scorza di cattiveria appariva timida una dolcezza infinita”.

Il mio amico non nasconde nemmeno la sua piccolezza e fragilità:

 Desideravo si accorgessero che anch’io sono una persona ferita. Magari non in maniera lancinante e profondamente come loro, ma anch’io sono un uomo colpito. Anch’io sono intriso dello stesso bisogno di vita. Positività e fiducia a partire dalla coscienza dell’errore, dobbiamo essere umili e consapevoli dei nostri limiti. La grande verità, che si comprende solo dopo tanti anni di convivenza sincera con questi ragazzi e con queste problematiche, è che tutti siamo persone ferite. Forse il complimento più apprezzato, perché più vero e definitivo, che ricevo dai ragazzi è: tu sei uno di noi”.
 
Affrontando il fenomeno da un altro punto di vista scopriamo che la presenza del volontariato nella nostra società smentisce la teoria della filosofia, propria di Hobbes, secondo cui l’azione sociale si basa sulla sfiducia e il sospetto, cioè su una concezione di uomo negativa che ne mortifica le potenzialità e il positivo contributo che il singolo uomo può dare al bene comune, al progresso e alla lotta per la giustizia. In questa concezione la società non è una dimensione originale, cioè non è legata a quelle esigenze ed evidenze, ma è il frutto di un contratto sociale che deve limitare l’egoismo dell’uomo, in diretta opposizione con la teoria aristotelica e di S. Tommaso d’Aquino secondo cui l’uomo è un animale politico, cioè sociale e il bene dell’individuo coincide con il bene della collettività e non ci può essere opposizione. L’idea stessa di volontariato porta a galla piuttosto l’idea di uomo relazionale, come sottolineato nell’Enciclica Deus caritas est (N. 54) e, in particolare, della originalità e universalità della struttura desiderante dell’uomo, o, come la definisce Don Luigi Giussani ne Il senso religioso, della “struttura esigenziale dell’uomo”.
Secondo quanto scrive Don Luigi Giussani nel suo libro L’io, il potere, le opere il concetto di desiderio, inteso come cuore dell’esperienza elementare dell’uomo è il motore di un’azione sociale sussidiaria:

Il desiderio è come la scintilla con cui si accende il motore. Tutte le mosse umane nascono da questo fenomeno, da questo dinamismo costitutivo dell’uomo. Il desiderio accende il motore dell’uomo. E allora si mette a cercare il pane e l’acqua, si mette a cercare il lavoro, a cercare la donna, si mette a cercare una poltrona più comoda e un alloggio più decente, si interessa a come mai taluni hanno e altri non hanno, si interessa a come mai certi sono trattati in un modo e lui no, proprio in forza dell’ingrandirsi, del dilatarsi, del maturarsi di questi stimoli che ha dentro e che la Bibbia chiama globalmente cuore”.

Nell’enciclica Deus caritas est di Papa Benedetto XVI si legge:

La carità sarà sempre necessaria, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo”.

Singolare è la concordanza di questa impostazione con quanto si legge in un testo classico dell’economia contemporanea, L’economia del benessere del Premio Nobel Kenneth J. Arrow. Arrow cerca di delineare le regole razionali a cui sottostanno le preferenze individuali e i loro possibili nessi con le scelte collettive. Si domanda che cosa determina il manifestarsi di ordinamenti virtuosi nelle preferenze individuali? Arrow nel suo libro Scelte sociali e valori individuali dice:

L’ordinamento rilevante per il raggiungimento di un massimo sociale è quello basato sui valori, che rispecchiano tutti i desideri degli individui, compresi gli importanti desideri socializzanti”.

E’ un concetto simile a quello espresso in un recente convegno internazionale da Lester Salamon:

Ci sono due impulsi apparentemente in contraddizione l’uno con l’altro: da una parte l’impegno radicato verso la libertà e l’iniziativa individuale e dall’altra parte il concetto, ugualmente fondamentale, che tutti noi viviamo in una comunità e abbiamo la responsabilità di andare oltre noi stessi ed adoperarci per il bene dei nostri simili”.

Il desiderio è quindi il motore del volontariato. Il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) ha detto recentemente che

Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare una società troppo appagata ed appiattita”.

Così facendo il desiderio diventa opera e costruzione di una risposta organica al bisogno.
L’impiego di personale volontario deve quindi continuare ad essere un elemento fondamentale delle organizzazioni di Terzo settore e, anche secondo le linee guida delle Nazioni Unite, un criterio discriminante, anche se non imprescindibile, per definire le istituzioni non profit.
Il valore del rapporto tra Terzo settore e volontariato si sostanzia in due aspetti. Innanzitutto sul piano educativo: occorrono realtà sociali e movimenti che sostengano il desiderio e lo educhino. In questo modo i corpi sociali, le comunità intermedie trovano una rinnovata importanza, non solo in termini strumentali come trampolino per un’azione sociale, ma in termini educativi, come luoghi in cui le persone sono aiutate a crescere, a prendere consapevolezza di sé e della realtà.
In secondo luogo il volontariato si intende come uno strumento per finalizzarne gli sforzi per la costruzione di un nuovo welfare: è capace di innovazione sociale, in quanto interviene e anticipa spesso temi “di frontiera” , ad esempio immigrazione, discriminazioni, sviluppo sostenibile; vive in prima persona i problemi e i bisogni delle persone, della società; ha un approccio concreto, del “fare”, nelle proposte, nella risoluzione dei problemi e per questo ha anche una visione meno ideologica; è abituato all’emergenza e alla scarsità di risorse, fondi, strutture favorendo la creatività e la sperimentazione e per questo ispira, rafforza, sostiene anche le politiche pubbliche locali, o ne colma le carenze.
Ciò che meglio salvaguardia il valore del volontariato è la sussidiarietà, cioè il principio che valorizza le iniziative provenienti dai livelli di organizzazione sociale più vicini alla singola persona, intesa come strumento che pone le condizioni per consentire alle persone di sviluppare tutta la loro iniziativa e capacità, che dia risposta ai bisogni della società attraverso i corpi intermedi cui appartiene.
Questo il quadro di riferimento per il volontariato, ma ci sono anche problemi aperti.
I volontari non appaiono infatti preoccupati per un eventuale indebolimento dei valori fondanti il volontariato, o per l’esistenza di una crisi al suo interno, ma sono consapevoli dell’esistenza di alcune difficoltà, specialmente di origine esterna. Hanno consapevolezza, infatti, del pericolo di strumentalizzazione che si può correre e in particolare si avverte il rischio di un utilizzo finalizzato a ridurre i costi dei servizi, inoltre non sempre il volontariato è messo in grado di partecipare ai momenti di concertazione e programmazione. Un elemento di notevole rilievo è inoltre rappresentato dalla possibilità che il volontario possa collaborare di più con gli altri attori sociali, specialmente quelli istituzionali.
La dimensione su cui comunque occorre puntare maggiormente è sicuramente la promozione della cittadinanza attiva e della partecipazione, insieme alla tutela dei diritti delle persone più deboli. In questo modo viene riaffermato con forza un ruolo fondamentale del volontariato, ossia la promozione di una cultura fondata sulla solidarietà, come elemento imprescindibile a cui non si può rinunciare, perché senza ragioni ideali, qualunque sia l’ideale, il volontariato muore. Ed è quello che nessuno vuole.



Il Presidente
Gianni Massai

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