Dopo tutto il chiacchiericcio mediatico a cui ho assistito esprimo
anche io la mia opinione sulla morte dell'ex capitano delle SS Erich
Priebke.
Con le sue esequie celebrate, in forma privatissima,
nella cappella della Fraternità San Pio X di Albano anche Priebke ha
quasi ultimato il suo viaggio terreno. Al rito funebre officiato dai
padri lefebvriani, cattolici tradizionalisti, anche in questo senso
andati in collisione con la Chiesa ufficiale e in particolare con il
Vicariato che aveva negato - fulgido esempio di pietas cristiana - i
funerali in una chiesa di Roma, seguirà soltanto la scelta definitiva
del luogo dove la sua salma riposerà in eterno. Forse un'urna, se i
familiari o chi per loro faranno richiesta di dispensa dall'inumazione.
I
sentimenti predominanti in questi giorni dopo la sua morte per lo
spettacolo macabro e grottesco (parole di Cacciari) messo in onda dai
suoi nemici viventi sono lo sconcerto e il disgusto.
Quando non si
ha rispetto per la morte, chiunque essa colpisca, non si ha rispetto
nemmeno per se stessi. Non è mia volontà censurare o biasimare chi mette
in discussione le opere, la vita di chiunque altro: nessuno lo vieta.
Ma nessuno può - o almeno non dovrebbe - vietare biasimo, affetto, odio o
amore e anche su Priebke è normale che si possa esprimere un giudizio,
qualunque esso sia: negativo, postivo, neutrale. Ma non si può, né si
deve - se si è parte della comunità degli esseri umani - vilipendere un
morto. E' vergognoso.
Anche queste poche righe vogliono rispettare
i morti. Non solo Priebke, ma anche i civili falciati nella
rappresaglia alle Fosse Ardeatine e nell'attentato vigliacco di via
Rasella, all'origine di questa tragedia che sembra ancora non debba
vedere la parola fine.
Il Presidente
Gianni Massai
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