Martedi 14 maggio 2013
Si torna indietro, abbiamo innestato la retromarcia. Soprattutto
quelli nati negli anni Ottanta ci devono fare l'abitudine, figli di
un'epoca dalla quale non riescono a salpare. C'è troppa tempesta e il
bollettino dei mari, al momento, non fornisce ottime previsioni. Così
siamo tutti lì. Fermi al Commodore 64, al Drive In e all'autoradio sotto
il braccio. Gli hanno fatto tramontare il futuro ancora prima che
sorgesse e noi tutti non abbiamo fatto niente per riprendercelo. Perché
se non ci può essere colpa generica e generazionale non può neppure
esserci una assoluzione collettiva. Non ci sono i vecchi cattivi e i
giovani buoni. C'è chi ha voglia di fare e chi non ne ha, chi ha chiuso
la speranza in un cassetto in mezzo alle palline di naftalina e chi,
forse con una presa di incoscienza, continua a sperare. Eppure siamo
cresciuti succhiando il latte di quello che i critici chiamavano
edonismo reaganiano. E i desideri che abbiamo sono quelli. Noi
condannati dalle statistiche ad avere meno di quelli che ci hanno
preceduto. Nel 1985 Craxi era presidente del Consiglio, Pertini passava
la mano a Cossiga, i palestinesi sequestravano la nave Achille Lauro, in
Giappone nasceva Super Mario Bros e la canzone dell'anno era We are the
world. Ecco siamo fermi lì. E se non ci siamo spostati è come se non
avessimo vissuto e sorge il legittimo dubbio che il futuro sia un
imbroglio. Guai a rinchiudersi nella memorialistica, nel "che belli
quegli anni", nella mitopoiesi delle musicassette, dei mangianastri e
delle sale giochi. Il mondo continua ad andare avanti e noi dobbiamo
prenderci il posto da cocchieri. Ci vuole la forza di scalare l'albero
maestro anche mentre la nave sta affondando, per vedere la terra. Avanti
a mille all'ora dunque!
Il Presidente
Gianni Massai
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