29 settembre 2011
Con sconforto vedo il mio Paese alla deriva e mi chiedo: ma da dove può ripartire la politica? Dalla politica, scrivevo ieri. Non è un circolo vizioso, è la realtà. La politica, come la giustizia, è finita in un caso personale, in un attacco o una difesa ad personam. Si è perso il senso della realtà, la scala delle priorità, la distinzione degli ambiti e dei confini, ma ora la politica deve ricominciare là dove sorge il suo nome e la sua essenza. Si chiama politica e nella polis è inclusa già l’idea plurale di una poligonia (tanti poligoni, tante sfaccettature diverse), per dirla con Gioberti, e della cittadinanza intera. Non si può far politica solo intorno al “caso B”.
Che vuol dire ripartire dalla politica? Innanzitutto vuol dire ricostituire un vero movimento politico, e quindi dotarsi di una prospettiva e di un habitat. Il punto di partenza è l’Italia, il punto d’arrivo è la riforma dello Stato. In questo percorso la politica deve necessariamente ripartire dal legame sociale, politico e comunitario e il suo orizzonte è collettivo, non singolare. La stessa antipolitica, alla fine, tradisce la nostalgia della politica vera, che è decisione e dunque responsabilità personale, ma anche partecipazione e dunque popolo. Il senso di fare politica sta infatti nel legame sociale.
Non aspetto nessuna rivoluzione liberale, come si vagheggia da vent’anni. Aspetto invece la politica, che non è l’economia, non è l’individuo, non è il mercato, perché ci sono cose che non possono essere regolate dal mercato, decise dall’economia, orientate solo su base individuale. La politica si fonda sulle comunità locali - cioè cittadine, provinciali, territoriali - sulle comunanze politiche - cioè di partito, di idee, di culture civiche - sulle comunità nazionali - cioè unite da amor patrio e identità nazionale - e sulle unioni sovranazionali - cioè le civiltà, come l’Europa o il Mediterraneo-. Dopo l’emergenza occorrerà ripartire dal fare politica e non dal leader, che è piuttosto il punto d’arrivo e non di partenza, occorrerà un sistema elettorale reso coerente che elegga direttamente sia il sindaco che il rappresentante del territorio in Parlamento, sia il governatore regionale che il premier. Non si può decidere tutto, sistema delle alleanze, ruolo dei soggetti in campo, margini dell’azione politica, sulla sola base della lealtà al leader o in odio a lui, perché la politica lo precede e gli sopravvive: i leader passano, l’Italia resta.
L’idea forte della politica è l’amore per il proprio Paese da cui deriva la volontà dell’Italia unita, l’amor patrio, il senso dello Stato, lo spirito pubblico e la necessità di guidare la società fra le tempeste del mondo globale. Uno Stato che gestisca di meno e controlli di più, più leggero ma più autorevole.
Anche in sede europea occorre ripartire dalla politica. A costo di essere visionari bisogna far nascere il soggetto politico Europa attraverso un atto politico, fortemente simbolico e popolare, come può essere l’elezione diretta del presidente degli stati uniti d’Europa, perché se l’Europa ha una banca centrale ma non ha un governo centrale, sarà sempre la serva gracile della finanza. Il nemico principale della politica è oggi il privato, ma non fraintendete, non intendo dire l’iniziativa privata o il settore privato rispetto al pubblico. Intendo dire che oggi il Privato sembra l’essenziale e il Pubblico la sua ricaduta. La politica oggi si fa a partire dal privato, i cittadini valutano la politica sulla base della vita privata, il privato domina ovunque. Occorre restituire dignità e autonomia alla sfera pubblica. Uno degli effetti della tirannia del privato è la ricattabilità dei personaggi pubblici sul privato, l’ossessione morbosa delle intercettazioni, il giudizio politico confuso con la sfera privata. La politica non può dipendere dal privato, né dipendere dalla morale, ma non può essere priva di etica. L’etica è la morale degli Stati e della sfera pubblica; la morale invece è l’etica delle coscienze, che è di natura personale e può essere mediata da enti morali e religiosi, ma non da istituzioni politiche. La politica si sposa all’etica ma non si addentra nella morale. Non pretendo che i politici abbiano senso morale, ma esigo che abbiano senso etico. Per fare un esempio non mi interessa la loro condotta sessuale, ma non accetto che qualcuno abbia un ruolo pubblico per meriti sessuali, perché la prima può riguardare la morale, ma la seconda riguarda l’etica.
È folle questa fase della politica decisa su base privata, non solo in Italia, ma anche in tutto l’Occidente se si pensa al caso Strauss Kahn o Sarah Palin. Il rovescio del moralismo è la pornocrazia - cioè il giudizio politico fondato sul comportamento sessuale-, è il virtuismo borghese criticato da Vilfredo Pareto cent’anni fa. Ma la risposta al moralismo non può essere l’abbandono ai liberi impulsi della vita privata; la politica ha bisogno di un’etica che le dia decoro, dignità del ruolo e credibilità.
Infine mi domando: ci sono oggi le condizioni per rilanciare la politica? Onestamente non c’è il clima, non c’è uno spirito costituente, non c’è fervore e passione civile. Allora è nostro preciso dovere intercettare i flussi vitali, ridestare gli spiriti sommersi nel profondo dei popoli, ma, prima ancora, rieducare i cittadini a considerarsi popolo e non solo individui, far capire che i concetti di vita, di benessere non sono indipendenti, ma interdipendenti e inseriti in un contesto.
Resta comunque la considerazione di prima. Non ci sono segnali positivi, solo segnali in negativo: c’è il vuoto, c’è il fallimento del modello opposto, c’è il malcontento. Non so se basti questo per rigenerare la politica, ma so che è l’unica cosa di cui disponiamo e su cui lavorare. E dunque ripartiamo da lì. In fondo l’agire politico nasce proprio per rispondere a quel che manca.
Con sconforto vedo il mio Paese alla deriva e mi chiedo: ma da dove può ripartire la politica? Dalla politica, scrivevo ieri. Non è un circolo vizioso, è la realtà. La politica, come la giustizia, è finita in un caso personale, in un attacco o una difesa ad personam. Si è perso il senso della realtà, la scala delle priorità, la distinzione degli ambiti e dei confini, ma ora la politica deve ricominciare là dove sorge il suo nome e la sua essenza. Si chiama politica e nella polis è inclusa già l’idea plurale di una poligonia (tanti poligoni, tante sfaccettature diverse), per dirla con Gioberti, e della cittadinanza intera. Non si può far politica solo intorno al “caso B”.
Che vuol dire ripartire dalla politica? Innanzitutto vuol dire ricostituire un vero movimento politico, e quindi dotarsi di una prospettiva e di un habitat. Il punto di partenza è l’Italia, il punto d’arrivo è la riforma dello Stato. In questo percorso la politica deve necessariamente ripartire dal legame sociale, politico e comunitario e il suo orizzonte è collettivo, non singolare. La stessa antipolitica, alla fine, tradisce la nostalgia della politica vera, che è decisione e dunque responsabilità personale, ma anche partecipazione e dunque popolo. Il senso di fare politica sta infatti nel legame sociale.
Non aspetto nessuna rivoluzione liberale, come si vagheggia da vent’anni. Aspetto invece la politica, che non è l’economia, non è l’individuo, non è il mercato, perché ci sono cose che non possono essere regolate dal mercato, decise dall’economia, orientate solo su base individuale. La politica si fonda sulle comunità locali - cioè cittadine, provinciali, territoriali - sulle comunanze politiche - cioè di partito, di idee, di culture civiche - sulle comunità nazionali - cioè unite da amor patrio e identità nazionale - e sulle unioni sovranazionali - cioè le civiltà, come l’Europa o il Mediterraneo-. Dopo l’emergenza occorrerà ripartire dal fare politica e non dal leader, che è piuttosto il punto d’arrivo e non di partenza, occorrerà un sistema elettorale reso coerente che elegga direttamente sia il sindaco che il rappresentante del territorio in Parlamento, sia il governatore regionale che il premier. Non si può decidere tutto, sistema delle alleanze, ruolo dei soggetti in campo, margini dell’azione politica, sulla sola base della lealtà al leader o in odio a lui, perché la politica lo precede e gli sopravvive: i leader passano, l’Italia resta.
L’idea forte della politica è l’amore per il proprio Paese da cui deriva la volontà dell’Italia unita, l’amor patrio, il senso dello Stato, lo spirito pubblico e la necessità di guidare la società fra le tempeste del mondo globale. Uno Stato che gestisca di meno e controlli di più, più leggero ma più autorevole.
Anche in sede europea occorre ripartire dalla politica. A costo di essere visionari bisogna far nascere il soggetto politico Europa attraverso un atto politico, fortemente simbolico e popolare, come può essere l’elezione diretta del presidente degli stati uniti d’Europa, perché se l’Europa ha una banca centrale ma non ha un governo centrale, sarà sempre la serva gracile della finanza. Il nemico principale della politica è oggi il privato, ma non fraintendete, non intendo dire l’iniziativa privata o il settore privato rispetto al pubblico. Intendo dire che oggi il Privato sembra l’essenziale e il Pubblico la sua ricaduta. La politica oggi si fa a partire dal privato, i cittadini valutano la politica sulla base della vita privata, il privato domina ovunque. Occorre restituire dignità e autonomia alla sfera pubblica. Uno degli effetti della tirannia del privato è la ricattabilità dei personaggi pubblici sul privato, l’ossessione morbosa delle intercettazioni, il giudizio politico confuso con la sfera privata. La politica non può dipendere dal privato, né dipendere dalla morale, ma non può essere priva di etica. L’etica è la morale degli Stati e della sfera pubblica; la morale invece è l’etica delle coscienze, che è di natura personale e può essere mediata da enti morali e religiosi, ma non da istituzioni politiche. La politica si sposa all’etica ma non si addentra nella morale. Non pretendo che i politici abbiano senso morale, ma esigo che abbiano senso etico. Per fare un esempio non mi interessa la loro condotta sessuale, ma non accetto che qualcuno abbia un ruolo pubblico per meriti sessuali, perché la prima può riguardare la morale, ma la seconda riguarda l’etica.
È folle questa fase della politica decisa su base privata, non solo in Italia, ma anche in tutto l’Occidente se si pensa al caso Strauss Kahn o Sarah Palin. Il rovescio del moralismo è la pornocrazia - cioè il giudizio politico fondato sul comportamento sessuale-, è il virtuismo borghese criticato da Vilfredo Pareto cent’anni fa. Ma la risposta al moralismo non può essere l’abbandono ai liberi impulsi della vita privata; la politica ha bisogno di un’etica che le dia decoro, dignità del ruolo e credibilità.
Infine mi domando: ci sono oggi le condizioni per rilanciare la politica? Onestamente non c’è il clima, non c’è uno spirito costituente, non c’è fervore e passione civile. Allora è nostro preciso dovere intercettare i flussi vitali, ridestare gli spiriti sommersi nel profondo dei popoli, ma, prima ancora, rieducare i cittadini a considerarsi popolo e non solo individui, far capire che i concetti di vita, di benessere non sono indipendenti, ma interdipendenti e inseriti in un contesto.
Resta comunque la considerazione di prima. Non ci sono segnali positivi, solo segnali in negativo: c’è il vuoto, c’è il fallimento del modello opposto, c’è il malcontento. Non so se basti questo per rigenerare la politica, ma so che è l’unica cosa di cui disponiamo e su cui lavorare. E dunque ripartiamo da lì. In fondo l’agire politico nasce proprio per rispondere a quel che manca.
Il Presidente
Gianni Massai
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