lunedì 17 ottobre 2011

29 settembre 2011

Con sconforto vedo il mio Paese alla deriva e mi chiedo: ma da dove può ripartire la politica? Dalla politica, scrive­vo ieri. Non è un circolo vizioso, è la realtà. La politica, come la giusti­zia, è finita in un caso personale, in un attacco o una difesa ad perso­nam. Si è perso il senso del­la realtà, la scala delle priorità, la distinzione degli ambiti e dei con­fini, ma ora la politica deve ricomin­ciare là dove sorge il suo nome e la sua essenza. Si chiama politica e nella polis è inclusa già l’idea plurale di una poligonia (tanti poligoni, tante sfaccettature diverse), per dirla con Gioberti, e della cittadinanza inte­ra. Non si può far politica solo intorno al “caso B”.

Che vuol dire ripartire dalla poli­tica? Innanzitutto vuol dire ricost­i­tuire un vero movimento politico, e quindi dotarsi di una prospetti­va e di un habitat. Il punto di parten­­za è l’Italia, il punto d’arrivo è la ri­forma dello Stato. In questo percorso la politica deve necessariamente ripar­tire dal legame sociale, politico e co­munitario e il suo orizzonte è colletti­vo, non singolare. La stessa antipolitica, alla fine, tradisce la no­stalgia della politica vera, che è de­cisione e dunque responsabilità personale, ma anche partecipa­zione e dunque popolo. Il senso di fare politica sta infatti nel legame sociale.

Non aspetto nessuna rivo­luzione liberale, come si vagheg­gia da vent’anni. Aspetto invece la politica, che non è l’economia, non è l’individuo, non è il mercato, per­ché ci sono cose che non possono essere regolate dal mercato, decise dall’economia, orientate solo su base individua­le. La politica si fonda sulle comu­nità locali - cioè cittadine, provin­ciali, territoriali - sulle comunan­ze politiche - cioè di partito, di idee, di culture civiche - sulle co­munità nazionali - cioè unite da amor patrio e identità nazionale - ­e sulle unioni sovranazionali - ­cioè le civiltà, come l’Europa o il Mediterraneo-. Dopo l’emergenza occorrerà ri­p­artire dal fare politica e non dal lea­der, che è piuttosto il punto d’arrivo e non di partenza, occorrerà un sistema elettorale reso coe­rente che elegga direttamente sia il sindaco che il rappresentante del territorio in Parlamento, sia il governatore regionale che il pre­mier. Non si può decidere tutto, sistema delle alleanze, ruolo dei soggetti in campo, margini del­l’azione politica, sulla sola base della lealtà al leader o in odio a lui, perché la politica lo precede e gli so­pravvive: i leader passano, l’Italia resta.
L’idea forte della politica è l’amore per il proprio Paese da cui deriva la volontà dell’Italia unita, l’amor patrio, il senso dello Stato, lo spirito pubbli­co e la necessità di guidare la socie­tà fra le tempeste del mondo glo­bale. Uno Stato che gestisca di me­no e controlli di più, più leggero ma più autorevole.

Anche in sede europea occorre ripartire dalla politica. A costo di essere visionari bisogna far nascere il so­ggetto politico Europa attra­verso un atto politico, fortemente simbolico e popolare, come può essere l’elezione diretta del presi­dente degli stati uniti d’Europa, perché se l’Europa ha una banca centrale ma non ha un governo centrale, sa­rà sempre la serva gracile della fi­nanza. Il nemico principale della politi­ca è oggi il privato, ma non fraintende­te, non intendo dire l’iniziativa privata o il settore privato rispetto al pubblico. Intendo dire che oggi il Privato sembra l’essenziale e il Pubblico la sua ricaduta. La politi­ca oggi si fa a partire dal privato, i cittadini valutano la politica sulla base della vita privata, il privato domina ovunque. Occorre restitu­ire dignità e autonomia alla sfera pubblica. Uno degli effetti della ti­rannia del privato è la ricattabilità dei personaggi pubblici sul priva­to, l’ossessione morbosa delle in­tercettazioni, il giudizio politico confuso con la sfera privata. La po­litica non può dipendere dal priva­to, né dipendere dalla morale, ma non può essere priva di etica. L’eti­ca è la morale degli Stati e della sfe­ra pubblica; la morale invece è l’etica del­le coscienze, che è di natura perso­nale e può essere mediata da enti morali e religiosi, ma non da istitu­zioni politiche. La politica si sposa all’etica ma non si addentra nella morale. Non pretendo che i politi­ci abbiano senso morale, ma esi­go che abbiano senso etico. Per fa­re un esempio non mi interessa la loro condotta sessuale, ma non ac­cetto che qualcuno abbia un ruo­lo pubblico per meriti sessuali, perché la prima può riguardare la morale, ma la seconda riguarda l’etica.
È folle questa fase della politica decisa su base privata, non solo in Italia, ma anche in tutto l’Occidente se si pensa al caso Strauss Kahn o Sarah Pa­lin. Il rovescio del moralismo è la pornocrazia - cioè il giudizio politi­co fondato sul comportamento sessuale-, è il virtuismo borghese criticato da Vilfredo Pareto cen­t’anni fa. Ma la risposta al morali­smo non può essere l’abbandono ai liberi impulsi della vita privata; la politica ha bisogno di un’etica che le dia decoro, dignità del ruo­lo e credibilità.

Infine mi domando: ci sono oggi le condizioni per ri­lanciare la politica? Onesta­mente non c’è il clima, non c’è uno spirito costituente, non c’è fervore e passione civile. Allora è nostro preciso dovere intercettare i flussi vita­li, ridestare gli spiriti sommersi nel profondo dei popoli, ma, pri­ma ancora, rieducare i cittadini a considerarsi popolo e non solo individui, far capire che i concetti di vita, di benessere non sono indi­pendenti, ma  interdipendenti e inseriti in un contesto.
Resta comunque la considerazione di prima. Non ci sono segnali positi­vi, solo segnali in negativo: c’è il vuoto, c’è il fallimento del model­lo opposto, c’è il malcontento. Non so se basti questo per rigene­rare la politica, ma so che è l’unica cosa di cui disponiamo e su cui lavorare. E dunque ripartiamo da lì. In fondo l’agire politico na­sce proprio per rispondere a quel che manca.



Il Presidente
Gianni Massai

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