Essere andati in pensione per poi
trovarsi a dover morire di fame. Questo il destino che accomuna milioni di
italiani, quasi sette milioni e mezzo, che ricevono meno di 1000 euro al mese.
Una cifra ridicola dopo una vita di duro lavoro, che non permette sicuramente
di condurre un livello decente di vita. Dall’altro fronte ci sono invece ben
novecentomila persone che incassano più di 3000 euro al mese, cifra per difetto
perché sono innumerevoli quelli appartenenti a categorie privilegiate, tipo ex
gerarchi politici e al tempo stesso ex dirigenti di aziende pubbliche o dello
Stato, che si sono ritagliati una pensione ad hoc ben sopra i 20000 euro.
Situazioni che gridano vergogna e che a meno di un salutare colpo di mano da
parte del Parlamento, impensabile viste le premesse, continuerà a persistere
grazie anche alle sentenze di un’altra casta, quella dei magistrati, che
difendendo i politici difendono loro stessi. Volendo fare un po’ di numeri,
emerge che il 52,9% dei pensionati sono donne ma che il 56,1% della spesa è
assorbito dalle pensioni degli uomini. L’importo medio annuo delle pensioni
degli uomini è infatti di circa 14.500 euro contro gli 8.700 euro delle donne.
Anche tra i pensionati sopra i 3.000 gli uomini fanno la parte del leone, 700
mila contro 200 mila. Una realtà ben conosciuta ma che i dati ufficiali
dell’Inps hanno il merito di riportare all’attenzione dei cittadini per
ribadire non soltanto le ingiustizie in campo pensionistico, ma anche
l’esistenza di due Paesi ben separati e distanti l’uno dall’altro. C’è anche da
segnalare che l’Inps, un tempo in attivo finanziario tra entrate ed uscite,
dopo l’incorporazione dell’Inpdap si trova in perenne rosso. Si moltiplicano
quindi le pressioni interessate per spingere ed obbligare i lavoratori attivi a
rivolgersi ad una previdenza complementare che, a differenza dell’Inps ed
essendo privata, finirà per trasferire sulle spalle del lavoratore il peso di
una eventuale bancarotta che non può essere esclusa a priori. La situazione
economica dei pensionati si è poi ulteriormente aggravata con la recessione in
corso che sommata all’inflazione ha fatto crollare il potere d’acquisto.
Milioni di famiglie, già penalizzate da tasse odiose e odiate come l’Imu e
l’Iva, si sono trovate così in una situazione tragica che soltanto la politica,
presa dal problema della propria sopravvivenza, sembra non vedere. Eppure, e il
passato lo dimostra, è proprio da situazioni di povertà e di disagio come
l’attuale, che nascono le rivolte di piazza e molto spesso pure le rivoluzioni.
Il Presidente Emerito
Gianni Massai