Vogliamo spendere due parole sul senso della Maturità 2005? In particolare se è giusto presentare autori che non vengono studiati in classe alla prima prova scritta d'italiano della maturità? Lo so, quando qualcuno ha visto i nomi – Pasolini, Tomasi di Lampedusa, Piers Brendon – gli è venuto un colpo. Ha alzato lo sguardo, cercato l’occhio complice di un amico e pensato: "Ma che scherzo è?". Perché va bene tutto, ma Pasolini non si fa quasi mai: con il programma lì non ci arriva nessuno. Il Gattopardo, se ti è andata bene, lo hai sentito nominare. E Borsellino è bellissimo, certo, ma non esattamente l’autore su cui hai fatto le interrogazioni di italiano, no? Hai studiato come un dannato. Hai sottolineato, riassunto, evidenziato. Ti sei fatto venire il mal di testa su Ungaretti e Montale. E poi? Arrivano loro. Sembra una beffa. Ma non lo è. O almeno ci sono dei motivi del perché si fa così. La prova serve a vedere se sai leggere davvero, è una metafora della vita, in cui devi andare avanti da solo, senza manuale d'istruzioni, affidandoti solo al tuo istinto, alle emozioni che provi davanti ad un fatto inaspettato, alle reazioni spontanee e quindi vere, senza filtri. Alla Maturità non si premia chi sa tutto il programma, ma chi riesce ad utilizzare quello che sa per affrontare quello che non sa. Insomma, chi sa guardare un testo nuovo e coglierne il significato, le metafore, i riferimenti, lo stile. È un esercizio di comprensione e pensiero critico, non di memoria. Esattamente come nella vita vera. E nella vita vera ci si deve aprire alla contemporaneità, non vivere nel passato perdendosi qualcosa di buono solo perché abbiamo sofferto. Caproni, Magris, Pasolini sono scelte che portano dentro la scuola voci nuove, temi attuali, linguaggi più vicini al nostro presente. Spesso poi l’autore scelto ha anche un valore simbolico. Pascoli in tempi di lutto collettivo, Caproni negli anni in cui si parla di ambiente, ecc. Non è solo letteratura, è anche un modo per raccontare il presente. E poi se ti davano Montale o Ungaretti, rischiavi di partire in automatico: biografia, contesto storico, due metafore, struttura, commentino finale, fine. Ma con un autore che non conosci, non puoi riciclare nulla. Devi davvero leggere. Davvero sentire le emozioni nuove e viverle. Perché sei tu oggi a dover fare il ponte fra quello che sai e quello che leggi. Sei sempre tu domani a dover fare il ponte fra quello che hai programmato per te e quello che invece ti accade. Alla Maturità questo è forse il punto più importante: sei tu a dover trovare i riferimenti agli autori che conosci. Nessuno ti chiederà se hai fatto Pasolini a lezione, ma piuttosto se hai qualcosa da dire a partire da Pasolini. Se riesci a incrociarlo con Montale, con Leopardi, con Pirandello, con te stesso. Prendiamo i versi di Pasolini usciti quest'anno
"Ma è mutato / il cuore; e dopo poche notti è stinta / tutta quella luce che dal cielo / riarde la campagna."
A me viene in mente Montale, quando parla della "divina Indifferenza". O anche Leopardi, con la sua natura matrigna. O Foscolo con la sua inquietudine che cerca la pace nella quiete della sera. Al netto di questo, comunque, lo so, trovarsi di fronte autori sconosciuti sembra uno sgambetto, una presa in giro. Ma è per questo che leggiamo i poeti: non per sapere cosa dicono, ma perché ci diano le parole per dire quello che noi abbiamo da dire. È questo che conta. La tua capacità di creare ponti. Tra ciò che hai studiato e ciò che stai leggendo. Tra il foglio che hai davanti e tutto quello che hai dentro.
Tra il programma e la vita vera.
Il Presidente
Gianni Massai
Nessun commento:
Posta un commento